lunedì 19 dicembre 2011

Ma come ti vesti(vi)? Parte II, Il Ritorno!

Pensavate di esservi liberati di noi, anzi, di loro... invece no! Eccoci ancora qui a parlare dei look più imbarazzanti degli 80's.  Dopo avervi deliziato con alcune 'mise' terribili, ecco per voi altri orrori targati anni 80.
NITRO
I Nitro, band 'famosissima' negli anni 80 per... per... beh dai lo sapete, non c'è bisogno che ve lo stiamo a ricordare noi giusto? Beh un indizio possiamo darvelo: NON erano famosi per il buon gusto. E si vede!

MANOWAR
Ah i Manowar! Metallo tuonante, cavalcate epicissime, testi improponibili e...completini fetish in pelle. Che disastro!


JOHN MIKL THOR

Chi poteva osare più dei Manowar se non lui! Uno che fa sorridere già dal nome, induce crampi intestinali all'ascolto dei suoi pezzi, fa piegare in due dalle risate a vederlo e fa incazzare la mamma per averle rubato di nuovo il tappeto di mucca del salotto comprato all'Ikea.

ALICE COOPER
Ogni artista ha vissuto periodi bui nella sua carriera. Quello di Alice deve esserlo stato particolarmente, al punto da non riuscire a vedere come diavolo si impiastricciava la faccia. E che dire del capello in stile “Stavo affà le pulizie de casa”?

POISON
Boa di struzzo, camicie da urlo (nel senso di OOODDDDIIOO che è sta roba?) rossetto, bigiotteria da bancarella cinese, capelli cotonatissimi... scusate è qui che si fanno i provini per TRANS FACTOR?


lunedì 5 dicembre 2011

Claudio Luciani - Veleno

Raised On Melodies continua la sua paziente ricerca nell’underground letterario italiano, per portare alla luce i libri più interessanti scritti da giovani e talentuosi autori, in cerca di una comprensibile visibilità in un mercato oramai eccessivamente saturo di proposte. In questo caso, siamo rimasti affascinati da “Veleno”, una raccolta di poesie edita dalla Book Sprint Edizioni, scritta da Claudio Luciani. L’autore toscano – già collaboratore del portale www.metalitalia.com - fa i conti con se stesso, snocciolando una serie di versetti dai quali trasudano emozioni brutali, ma sincere, dense di una quotidianità troppo spesso banalizzata, o meglio, soffocata dalla routine. Abbiamo contattato il giovane scrittore, il quale si è dimostrato disponibile ed entusiasta ad intraprendere una fitta chiacchierata con noi, dalla quale emerge la cinica consapevolezza di un uomo che ha scelto di esorcizzare i propri demoni con la poesia. Immaginate un incrocio artistico tra l’impressionismo decadente della “Casa dell’Impiccato” di Cezanne, impreziosito da una colonna sonora a cura di alcune death metal bands come Nocturnus e Morbid Angel. Che la discesa negli abissi abbia inizio…   


ABBIAMO L'IMPRESSIONE CHE IN QUESTO DEBUTTO COME SCRITTORE, TU ABBIA VOLUTO SCACCIARE IN QUALCHE MODO I TUOI DEMONI, O MEGLIO, DECISO DI METTERE NERO SU BIANCO LE TUE EMOZIONI PIU' NEGATIVE. COME E' NATA L'IDEA DI SCRIVERE QUESTA RACCOLTA DI POESIE?

"E’ nata quasi per caso, più per sfogo che per altro tipo di velleità: a causa di situazioni personali poco piacevoli come la disoccupazione, o altri fantasmi del passato che tuttora non accennano a tacere, ho attraversato momenti difficili durante i quali ho pensato di essere impazzito. Quando tutto questo è diventato insostenibile ho letteralmente sentito la pressione esplodere, in me e intorno a me, ed ho cercato di incanalarla in qualcosa di concreto, pensando che se fossi riuscito a darle una forma avrei potuto guardarla dall’esterno, quindi renderla un oggetto “rimovibile” o (almeno) ricollocabile. E’ successo, dunque, che ho sentito un forte impulso a scrivere, il quale mi ha letteralmente dominato: mi è spesso accaduto di passare delle ore a scrivere e rileggere i miei deliri".

C'E' UN DETTO NOTO CHE RECITA: "FERISCE PIU' LA PENNA DELLA SPADA". DIFATTI, IL TUO VELENO E' DECISAMENTE AGGRESSIVO E LETALE CHE HA LA CAPACITA' DI TOGLIERE IL RESPIRO GIA' DOPO UN PAIO DI SCRITTI...

"Ti ringrazio, anche perché hai colto perfettamente quello che è il senso più profondo di ogni scritto. La mia idea è stata principalmente quella di fare una rappresentazione, rigorosa e impressionista al contempo, delle visioni che mi hanno accompagnato nell’anno e mezzo della gestazione del libro (in alcuni casi, anche da molto più tempo): talvolta hanno preso forma da esperienze vissute da me in prima persona, tali altre da immagini che semplicemente mi hanno ispirato, non importa se evocate da me stesso o catturate con uno sguardo altrove. Ho cercato di rappresentare tutto ciò attraverso simboli selezionati col calibro della mia immaginazione, lavorando perciò molto sul lessico, per renderlo adeguato allo stato emotivo racchiuso in ogni componimento: ho letto e riletto ognuno di essi per poi limarlo in ogni sua parte, concentrandomi su ogni singola parola e lavorando su di essa fino a farla collimare con l’immagine che avevo in mente".

COME E QUANDO E' NATO IL TUO AMORE NEI CONFRONTI DELLA POESIA?

"Per essere massimamente onesti, nel giugno 2010. Non nego di aver sempre provato una profonda ammirazione per la capacità di esprimere con poche decise parole concetti di respiro anche ampio, come accade nei testi di alcune band, tuttavia non mi sono mai interessato granché di poesia o letteratura: anzi, si tratta di uno dei campi in cui mi reputo profondamente ignorante, non essendo mai stato un insaziabile divoratore di libri. Si può tranquillamente dire che è una cosa avvenuta quasi per caso".

CERTO CHE HAI VOLUTO INTRAPRENDERE UNA BELLA SFIDA, ACCETTANDO UN INTERVISTA PER 'RAISED ON MELODIES'. IL NOSTRO E' UN CONTENITORE DI APPROFONDIMENTI ARTISTICO/MUSICALI LONTANO MILLE MIGLIA DALLA PERCEZIONE NEGATIVA DELLA VITA. COME PENSI DI CONQUISTARE I NOSTRI LETTORI?

"In realtà non ne ho idea: quando si parla di forme d’espressione estreme, che siano letterarie o musicali o di altro tipo, si tende a concentrarsi sugli aspetti più controversi e valutarli come conseguenza di una percezione della vita chissà quanto negativa. Pochi si ricordano, invece, che si tratta solo di rappresentazioni: la vita può offrire situazioni che hanno contenuti negativi e, semplicemente, c’è chi ne parla senza ricorrere a formule comunemente ritenute accettabili. Che sia per catarsi o qualsiasi altro scopo, chi è coinvolto in questo processo non fa altro che esprimersi assecondando alcuni dei suoi criteri estetici. Diciamo pure che “Veleno” è rivolto a tutti, in particolare a chi è affascinato da atmosfere prive di luce, in cui si animano immagini forti, fatte di carne e sangue come noi".

DA QUALCHE TEMPO COLLABORI CON METALITALIA.COM, IL PORTALE METAL PIU' IMPORTANTE DI ITALIA. COME MAI HAI SCELTO DI FAR SCRIVERE UN INTRODUZIONE AL CAPOREDATTORE LUCA PESSINA?

"A tal proposito ti racconto un aneddoto: prima di decidere definitivamente di far pubblicare “Veleno” ho fatto leggere la prima stesura a qualche mio amico fidato, che mi conoscesse bene. Tra i vari, ce n’è stato uno che aveva colto il legame con le atmosfere del death metal, arrivando a dichiarare esplicitamente come nei miei scritti ci fosse molto di questo genere musicale: ho quindi pensato che se la cosa, che a me pareva implicita, risultava così evidente allora avrebbe avuto senso coinvolgere chi del death metal avesse una percezione profonda e completa, per vedere come si sarebbe rapportato a questa realtà. Quando la casa editrice mi ha chiesto di scrivere la presentazione di “Veleno”, ho pensato che nessuno meglio di Luca avrebbe potuto farlo, dal momento che è uno dei massimi esperti nazionali della materia".

I TUOI GUSTI MUSICALI SONO ORIENTATI PREVALENTEMENTE SULLA MUSICA ESTREMA, IN PARTICOLAR MODO SUL DEATH METAL. COME E' NATA LA TUA PASSIONE PER QUESTO GENERE?

"Mi piace pensare che questa musica mi abbia scelto. Un giorno mi sono capitati fra le mani due tra i capolavori assoluti del Death Metal, che tutt’oggi reputo fondamentali per la mia “formazione” di ascoltatore: “Spheres” dei Pestilence, che mi impressionò con le sue strutture complesse, e “Covenant” dei Morbid Angel, che mi conquistò con la sua tenebra densa. Dopo è iniziato quello che contraddistingue ogni appassionato, ovvero il processo di ricerca, di documentazione e l’ascolto di nuovi dischi: per dirla in breve ho “assecondato” la mia “fissa”, tutt’oggi viva e vegeta".

E' UN AZZARDO DEFINIRE LA TUA RACCOLTA COME UNA JAM TRA I NOCTURNUS E I CANNIBAL CORPSE?

"Un azzardo? Direi di no, perché i Nocturnus hanno un approccio chirurgico alla composizione, simile a quello che ho avuto anch’io nei confronti del lessico adoperato, mentre i Cannibal Corpse si possono citare per le immagini forti che sanno evocare, benché siano inserite in un contesto gore tacitamente umoristico (fumettistico, quasi). Dovessi farti dei nomi io, parlerei più di Morbid Angel, Incantation e tutti quei gruppi affascinanti che rappresentano l’estetica decadente del disfacimento, sia fisico che morale, poiché trovo di grande ispirazione le atmosfere morbose che creano nelle loro canzoni".

EPPURE SONO CONVINTO CHE APPREZZI ANCHE QUALCHE BAND DI CLASSIC ROCK. ALLA FINE NASCE TUTTO DA LI'...

"E sei convinto bene! La mia passione per il rock (duro) nasce fondamentalmente dai primi tre gruppi che ho ascoltato con passione: Led Zeppelin, Aerosmith e Black Sabbath, forse il mio gruppo preferito di sempre. Ti racconto una cosa in proposito: ho scoperto queste tre band grazie ad un amico mio perché da “pischello” non avevo nemmeno lo stereo, quindi passavo sempre da casa sua – dove invece era presente un giradischi – ed ascoltavamo i vinili che prendeva dallo zio. Vecchi ricordi di romanticismo analogico J ".

SPESSO, UN BRAVO SCRITTORE E' TANTO ABILE A IDEARE RACCONTI, EVENTI, PERSONAGGI ED I RELATIVI CONTORNI CHE CONTRIBUISCONO AD ARRICCHIRE L'OPERA, QUANTO A RACCONTARE MOLTE BUGIE NELLA VITA REALE. TI RICONOSCI ANCHE TU IN QUESTA CATEGORIA, CLAUDIO?

"No, non sono un “cazzaro”, se è questo che mi stai chiedendo. Però hai colto una cosa assolutamente vera: ho il vizio, se non il profondo piacere, di “supercazzolare” la gente (chiunque abbia visto “Amici Miei” sa cosa intendo) raccontando delle cose assurde e sfruttando quella che chiamo “la tecnica del giro di vite”. Parto da qualcosa di verosimile e ad ogni passaggio aumento un poco il grado di assurdità, arrivando alla fine a scenari completamente senza senso: a quel punto rivelo che niente di quello che ho detto è vero, anche perché non mi piace portare il gioco per le lunghe. Probabilmente ciò è una forma di esibizionismo nascente dal bisogno di soddisfare il mio “Io narrativo”: è una conclusione a cui sono giunto da poco".

QUALE E' LA POESIA CHE MEGLIO RAPPRESENTA CLAUDIO LUCIANI IN QUESTO MOMENTO?

"Onestamente penso che ognuna rappresenti il frammento di me che l’ha generata in modo appropriato, tuttavia sarebbe scortese non cogliere il tuo invito: ti dico, quindi, che ci sono alcuni versi direttamente connessi a quelle che chiamo “le mie più basse vibrazioni”, cioè quel complesso emotivo non del tutto cosciente alla base dei filtri che distillano la nostra esperienza fino a renderla cultura personale. Tra queste composizioni ci sono “La Mia Droga”, “La Mia Guerra” e “Una Eco Primitiva”.

SEI AL LAVORO SU ALTRI PROGETTI LETTERARI, O TI SEI VOLUTO SEMPLICEMENTE TOGLIERE UNO SFIZIO?

"Attualmente no, perché sono impegnato in cose più urgenti (come organizzare gli espedienti di cui campo, in cerca di un lavoro decente), ma di certo non abbandonerò questa via perché lascia libere e incontrollate le mie necessità espressive. Sto comunque facendo un’autovalutazione, anche se lenta, che mi permetta di andare oltre l’esperienza di “Veleno”: in un eventuale prossimo lavoro vorrei evitare di ripetermi, sempre ammesso di avere la fortuna di trovare qualcuno disposto a pubblicarlo (gratis, perché a pagamento può essere pubblicato chiunque)".

L'ECONOMIA MONDIALE E' IN NETTA DIFFICOLTA' E PARE CHE ATTUALMENTE NESSUNO ABBIA TROVATO UNA CURA PER MIGLIORARE LE NOSTRE CONDIZIONI SU QUESTO PIANETA. SENZA CONTARE I CONTINUI DISASTRI AMBIENTALI SEMBRANO DOVER PRESAGIRE LA FINE DEL MONDO. QUALE E' LA TUA OPINIONE?

"Non penso che avverrà alcuna fine del mondo, per nessun tipo di evento catastrofico, perché sarebbe compromettente nei confronti degli interessi economici legati all’esistenza del mondo stesso. Da questo semplice asserto si può dedurre, in via del tutto informale, che ogni tipo di dissesto economico ed ambientale abbia la sua necessità: non intendo dire che siano eventi appositamente creati, ma che si tratti spesso di faccende più o meno evitabili, che vengono lasciate accadere per qualche tipo di finalità (controllo, marketing, convenienza in termini di costi etc). Tutto ciò favorisce, per mezzo di un’esasperante esposizione mediatica, un atteggiamento generale di preoccupazione che distoglie da questioni più contingenti, come la fantomatica cura cui accenni: penso infatti che limitando determinati atteggiamenti volti a massimizzare i profitti delle multinazionali, per me i veri padroni dell’economia – dunque della politica – mondiale, si potrebbe far fronte in maniera efficiente alle suddette difficoltà, generando una possibile ripresa".

C'E' UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL?

"Il tunnel è per me una rappresentazione fin troppo determinista: per le sue stesse caratteristiche costitutive, ci si aspetta che porti da qualche parte. Più latamente rappresenta il concetto di inizio e fine, che la tua domanda riferisce a momenti negativi. Di certo l’esistenza è un’esperienza temporalmente limitata, tuttavia momenti negativi e positivi si intrecciano e coesistono, formando quel fitto tessuto che noi chiamiamo “vissuto”. Penso quindi che bisogni concentrarsi sull’apporto (magari anche estemporaneo) degli eventi positivi che ci riguardano, in modo da trarne il massimo effetto, piuttosto che aspettarsi – o addirittura sperare – di vedere la luce al termine di un percorso, perché trovo che quest’ultimo atteggiamento possa essere distorto in concetti dannosi ed abusati, come quello di divina provvidenza".

lunedì 28 novembre 2011

Ma come ti vesti(vi)?

Ognuno di noi ha delle foto di cui si vergogna, per come era pettinato o per gli abiti che indossava. Generalmente vengono tenute ben nascoste dentro i cassetti, se non addirittura eliminate in modo che nessuno possa più vederle, rinnovando il nostro imbarazzo. I protagonisti di questa rubrica, invece, non potranno mai sfuggire a tali ricordi del loro passato (ed all'ilarità che generano), poichè tali immagini appaiono sulle copertine dei loro dischi o su alcune foto promozionali. Ecco a voi una galleria di orrori in puro stile 80s:
Vinnie Vincent
Vinnie ha vissuto un breve periodo di popolarità come chitarrista dei Kiss tra l'82 e l'83, prima che il suo ego smisurato lo portasse verso altri lidi (leggi: lo facesse buttare fuori a calci). Nel 1986  pubblica il suo primo disco con la Vinnie Vincent Invasion e per l'occasione ci “delizia” con un look terrificante.
(Vinnie Vincent, 1986)
Gene Simmons
Gene è lo storico bassista-vampiro/demone dei KISS. Dopo aver abbandonato il caratteristico make-up nel 1983  deve aver avuto non pochi problemi a trovare il giusto look. Sicuramente quello che ha adottato in occasione del disco “Asylum” non è stato tra i più azzeccati...
(Gene Simmons, 1985)


Ozzy Osbourne
Ozzy, dopo essersi lasciato alla spalle i Black Sabbath, ha inaugurato una carriera solista di grande successo. Peccato che altrettanto successo non l'abbia avuto nella scelta della costumista e del parrucchiere.

(Ozzy Osbourne, 1986)



Robin McAuley


Robin ha collaborato a partire dal 1987 con il chitarrista Michael Schenker che per l'occasione ha ribattezzato il suo Michael Schenker Group in McAuley Schenker Group, in modo da salvare l'acronimo MSG. Sfortunatamente quello che non si è salvato è  il buon gusto.


(Robin McAuley, 1987)

Kevin Du Brow
Kevin è stato lo storico frontman dei Quiet Riot. Di primo acchito questa foto non è peggio di tante altre del periodo. Quello che colpisce è sicuramente la pettinatura. Anche perchè fino a due anni prima Kevin  i suoi capelli li chiamava per nome. Tutti e 10. A meno che il tour dei Quiet Riot non abbia fatto tappa pure a Lourdes un legittimo sospetto lo iniziamo ad avere...
(Kevin Du Brow, 1986)

lunedì 21 novembre 2011

Geni incompresi?


Vinnie Vincent Invasion - Boyz Are Gonna Rock (1986)

"Invasion" fu un progetto fondato dall'ex chitarrista dei KISS Vinnie Vincent nel 1984, in seguito alla sua dipartita dalla band mascherata. Il musicista italo americano decise di dare sfogo al suo immenso ego con due dischi "Invasion" (1986) e "All Systems Go" (1988) che riscossero un discreto successo negli USA, prima di svanire nell'oblio. Le sonorità della band? Ovviamente, ammiccanti al glam metal più pacchiano e zuccheroso, contenente comunque alcuni episodi decisamente interessanti, nel quale i funambolici assolo di Vincent fanno la parte del leone. Curiosità: nel video compare il cantante Mark Slaughter, il quale fu incaricato di sostituire il dimissionario Robert Fleischman, cacciato - pare - perché restio a farsi crescere i capelli. A voi un esempio di uno dei videoclip più brutti mai concepiti da una rock band.



  

lunedì 14 novembre 2011

RATT - Invasion Of Your Privacy (1985)


"Sogni di Gloria"

Con vendite stimate attorno ai quaranta milioni di dischi, i Ratt insieme a Motley Crue, Poison e Van Halen, sono stati i principali portabandiera del festaiolo e multicolorato rock americano degli eighties. Dopo aver esordito su etichetta Time Coast con un self titled E.P. nel 1983, il quintetto di San Diego si assicura un contratto con la major Atlantic e l'anno seguente centra il grande successo con il multiplatinato "Out Of The Cellar", piccolo gioiello in grado di fare proseliti tutt'oggi, a quasi trent'anni di distanza dalla sua pubblicazione, grazie a brani storici quali "Wanted Man", "Lack Of Communication" e l'hit "Round And Round". Messi di fronte alla necessità di dover bissare il grande exploit, i ragazzi si chiudono in studio con il celebre produttore Beau Hill (già dietro la consolle per il precedente lavoro) e nel 1985 danno alle stampe "Invasion Of Your Privacy". Il disco prosegue il discorso intrapreso da "Out Of The Cellar" e , sebbene realizzato in fretta e furia per capitalizzare al meglio il successo ottenuto, non perde una sola nota di quella freschezza che avevamo assaporato con l'album precedente. In questa occasione, il songwriting risulta complessivamente  più maturo e coeso, eliminando così le piccole ingenuità stilistiche del recente passato. Il fulminante riff portante di "You're In Love" lascia letteralmente sbalorditi, grazie all'aggressivo e scintillante stile chitarristico di Robbin Crosby e Warren De Martini. La band dimostra di avere assimilato bene la lezione impartita dai Judas Priest di "Defenders Of The Faith" con la successiva "Never Use Love", altro da pezzo da novanta, imbastito su ritmiche quadrate, ma straordinariamente catchy, sublimate da un guitar solo che si candida ad essere una delle pagine più belle di tutto l'hard rock americano di quel periodo. Dopo cotanta grazia ci si potrebbe aspettare un plausibile calo di tensione, ma sorprendentemente ciò non avviene: "Lay It Down" riesce nell'obiettivo di sposare il rock da classifica con ruvide melodie vocali, graffiate dall'ugola deliziosamente aggressiva di Stephen Pearcy. Lo spettro del sacerdote di Giuda emerge nuovamente in "Give It All", un altro accattivante mid tempo, giostrato su un riffing legato in maniera pervicace a soluzioni già sperimentate, ma indubbiamente efficaci. Un delicato arpeggio acustico introduce la sincopata semi ballad "Closer To My Heart", irrobustita da un gran lavoro dietro le pelli di Bobby Blotzer, che funge da ruggente contraltare all'eclettico chiaroscuro generato dalle sei corde dei due axemen. "Between The Eyes" dimostra l'innegabile capacità dei cinque americani, di trasformare un brano quadrato come un mattone in un diamante sonoro splendente. In quest'occasione, emergono i cangianti vocalizzi di Pearcy, puntuale come sempre nello sposarsi con le melodie glamour del pezzo. "What You Give Is What You Get", sconta forse un'eccessiva ripetititività del chorus, ma viene salvata da ricami chitarristici deluxe in puro stile class metal. La successiva "Got Me On The Line" abbraccia le luccicanti tinte del glam metal più platinato, mantenendo comunque intatta la grinta presente nel DNA della band. "You Should Know By Now" invece è legata maggiormente ai tipici clichè del rock'n'roll più tradizionale, risultando indubbiamente contagiosa, grazie ad un ritornello facilmente assimilabile. L'epilogo viene affidato a "Dangerous But Worth The Risk", un episodio sicuramente dignitoso, ma che nulla aggiunge ad un disco già di per sè epocale. La festa per i Ratt durerà altri due dischi, ma quando busseranno alle porte degli anni '90 con il pur ottimo "Detonator" non troveranno più nessuno interessato al loro Ratt'n'Roll oramai decisamente demodè.

Tracklist:

You're In Love
Never Use Love
Lay It Down
Give It All
Closer To My Heart
Between The Eyes
What You Give Is What You Get
Got Me On The Line
You Should Know By Now
Dangerous But Worth The Risk




lunedì 7 novembre 2011

Raised On Melodies intervista Glauco Cartocci!

Tra i molti misteri che riguardano il mondo del rock ce n'è uno che negli ultimi anni è tornato prepotentemente alla ribalta: la presunta morte di Paul McCartney. Questa, in breve, la storia: nel 1966 Paul sarebbe morto in un incidente automobilistico e sarebbe stato sostituito da un rimpiazzo che, grazie a numerosi interventi di chirurgia plastica, ne avrebbe assunto le sembianze. Tutti gli albums successivi dei quattro (o tre?) di Liverpool sarebbero stati tuttavia riempiti di "indizi", tanto visivi quanto musicali, che avrebbero dovuto portare i fan più scaltri alla scoperta della verità. Nel 2005 Glauco Cartocci ha pubblicato un interessantissimo libro su quest'argomento: "Paul Is Dead. Il Caso Del Doppio Beatle" (Robin edizioni). Raised On Melodies ha la preziosa opportunità di scambiare quattro parole con Glauco e di fare il punto sulla questione P.I.D (Paul is Dead)... e su molto altro!


R.O.M.: Glauco, prima di tutto complimenti per il libro "Paul Is Dead", davvero intrigante e ben realizzato. Immaginiamo sia frutto di una lunga ed estenuante ricerca di 'indizi' ed abbia richiesto non poco tempo per concretizzarsi.


"Si e no: all'epoca della prima stesura, 2004, fui preso da una specie di ossessione, e mi dedicai solo a questo (o quasi) per quattro mesi: la materia la conoscevo e sapevo istintivamente come organizzarla. Partito a Settembre, proposi il tutto, in bozza, all'editore a Gennaio (dicendogli che ci lavoravo da anni ahahahah!). Poi - ovviamente - ci fu un bel lavoro di rifinitura/correzione. Va detto che le edizioni successive, specialmente quest'ultima ("remastered" per così dire), sono gradualmente più approfondite e accurate. Inoltre, si avvalgono (a differenza della prima) dei preziosi apporti dei tanti amici e appassionati conosciuti in Rete. Un bel "work in progress."

R.O.M.:Cosa ti ha spinto a scrivere un saggio ricco sì di aneddoti, ma che in realtà non risolve il mistero della presunta morte di Paul, ed anzi lo infittisce?

"Io vissi in "diretta" l'isteria del 1969, ed essendo un grande fan dei Fab Four la cosa non mi è mai uscita dalla mente, anche se per più di 30 anni (1970-2002) non se ne è  praticamente parlato più. Nel 2003 circa alcuni siti (fra cui quello di Sun King) ripresero decisamente a occuparsi di PID, anche se in modo caotico e spesso irrazionale.
Il mio scopo fu, fin da subito, organizzare la materia in una sorta di "trattato" scientifico, metodico, in cui il lettore potesse trovare elementi. Elementi, non risposte (impossibile avere risposte) ma, avendo dati a disposizione,  possibile crearsi un quadro, e c'è chi alla fine riesce a propendere per una soluzione o un'altra. Io personalmente non ho una mia soluzione, anche se, fra i dieci quadri che traccio, ce ne sono alcuni che mi "attraggono" maggiormente, specialmente quello con il lieto fine ("Via dalla Pazza Folla"). Comunque il libro inizia con "Ho sempre amato Paul McCartney, e se erano due, beh li amo tutti e due."

R.O.M.: In cuor tuo, avresti mai immaginato un successo editoriale di tali proporzioni? 

"E' un po' un'arma a doppio taglio. In realtà, per un piccolo editore (in Italia, per giunta), i risultati di vendita sono più che soddisfacenti, superiori alle previsioni. Il mio rimpianto  che un argomento del genere, affidato a una grossa casa editrice, avrebbe mosso altri numeri. Non certo per merito di Glauco Cartocci, ma perché l'argomento è intrigante e riguarda un grosso personaggio, forse la Star del Rock Classico più importante del mondo rimasta in vita (sia nel caso egli sia Paul Primo, che Paul Secondo)."

R.O.M.:Su Facebook è stata creata una fan page a te dedicata, nella quale i fan dibattono sulla questione. Immagino ti faccia piacere vedere che il tuo lavoro viene apprezzato da così tante persone...

"Fu molto simpatico vedere la pagina del Fan Club creata da due ragazzi abruzzesi, Teo di Diadoro e d Edoardo Romani. Cominciarono un po' per scherzo, poi la cosa si è stabilizzata e rafforzata. Un fatto a cui tengo è che si capisca da subito che io non sostengo alcuna tesi aprioristica (non  un sito PID, per capirci) ed è importante che lo scambio di pareri sia proficuo e corretto. E' anche bello scherzarci su un po', dai, l'umorismo non fa mai male"...

R.O.M.:Raccontaci i punti salienti della tua partecipazione al programma televisivo Voyager.

"In realtà a Voyager ci sono andato... per interposta persona, nel senso che gli spezzoni in cui compaio sono presi da un precedente servizio TV, registrato per Atlantide (La Sette) nel 2006. Da allora di interventi TV ne ho fatti parecchi (fra cui Enigma di Augias, "Cominciamo bene Estate" di Ciampoli-Mirabella, altri ancora per RAI 4 e RAI 2), per non parlare di radio (tanta radio) e conferenze. Sono andato persino al CICAP a fare la "voce fuori dal coro", non so se mi spiego, ahahahah!"

R.O.M.: Cosa ne pensi del servizio apparso sul periodico Wired pubblicato ad agosto del 2009? I risultati sono a dir poco sconcertanti e lasciano a bocca aperta. In teoria il caso sarebbe da considerarsi chiuso...

"Lo studio effettuato dai due periti fu accurato e sconvolgente, tanto più che erano partiti per "smontare scientificamente" la vicenda, e poi hanno (con molta onestà) ammesso di trovarsi di fronte a un risultato di segno opposto. Tuttavia gli stessi Gavazzeni e Carlesi precisano che "non lavorando su un cadavere", ma su delle foto, non si può avere una certezza del 100%. Inoltre, come spesso accade in ogni campo della tecnica, altri esperti (dei quali non conosco le competenze) misero subito in dubbio i risultati (un po' anche per partito preso). La cosa singolare è che nessun TG ne dette la notizia, pur essendo agosto, periodo in cui ogni pettegolezzo e notiziola del mondo dello spettacolo fa comodo, giornalisticamente. Chissà perché questa "congiura del silenzio", me lo chiedo ancora? Voi, amici, avete opinioni in proposito a questo strano "ignorare" lo scoop?" 

R.O.M.:Parlando del contenuto aggiornato del libro, appare sorprendente l'esito dell'indagine svolta sulla famigerata automobile di Paul, che rileva inequivocabilmente le tracce di un serio incidente automobilistico...

"Certo. Donato Pastore, il mio agguerritissimo collaboratore, ha parlato con il restauratore in modo pi approfondito di qualsiasi altro giornalista (molti organi di stampa, di varia caratura, sono andati -a fine 2010- a intervistare il titolare dell'Officina). 
Il paradosso  che i media titolavano " la fine di una leggenda" adducendo come argomento che "l'incidente non poteva essere mortale". Ridicolo. A parte che in un incidente automobilistico (anche a bassa velocità) può succedere di tutto, anche sfigurarsi permanentemente, va rilevato che  la prima volta che viene provata l'esistenza dell'incidente stesso, che coinvolse l'Aston di Paul McCartney, proprio in quel periodo, fine 1966. Nel mio modo di ragionare, la cosa aggiunge dubbi piuttosto che fugarli: fino a ieri quella dell'incidente era solo una diceria, oggi provato."

R.O.M.: Anche lo stemma scelto da George Martin nel 2004, al momento di divenire 'Sir' darebbe adito ad ulteriori dicerie. Personalmente, lo troviamo persino più inquietante di tanti indizi provenienti direttamente dalla produzione dei Fab Four...

"Verissimo. Alle volte mi chiedo: 

1. come mai questa messe di indizi non finisce mai;
2. chi ha interesse, in ogni caso (PIA o PID che sia) a gettare benzina sul fuoco;
3. per paradosso, direi che se fosse tutto un "gioco" (burla, inganno o puzzle, come vogliamo definirlo) ci sarebbero comunque tante e tante domande da fare agli autori (i Beatles e Martin), i misteri sarebbero tanti anche nel caso Paul non sia mai stato sostituito."

R.O.M.: Nell'ultima edizione del saggio, hai inserito i cosiddetti dieci scenari possibili, che appaiono come una sorta di spy stories dai tratti a volte fantascientifici (vedi la presunta clonazione). A mente fredda, quale ritieni la possibilità più verosimile?

"Questa risposta cambia ogni giorno. E' un noto fenomeno definito, in Psicologia, dell'Inflazione Negativa. Più ne sai su un argomento, più vedi le cose da tante angolazioni, pi risulta difficile decidere dove sta la verità. A meno che uno non voglia dimostrare una tesi preconcetta, ovvio. Non so qual ipotesi sia la più attendibile, so che quella che in fondo preferirei  "via dalla Pazza Folla", Paul si ritira perché si è stufato, addestra il successore. Tutti felici e contenti, compresi noi che abbiamo due Paul ---"TWO is meglio che One"...
Anche quella degli Extraterrestri, pur essendo ovviamente la più estrema, l'unica che spiegherebbe tutto ma proprio tutto... Ma bisogna essere molto dotati di fantasia e aperti ai misteri, per accettarla..." 

R.O.M.: E' innegabile che da parte dei Beatles si sia cercato di porre l'attenzione su alcune stranezze relative alla figura di Paul (due esempi oggettivi: il fatto che sul back cover di "Sgt. Peppers" sia fotografato di spalle e che sulla front cover di "Abbey Road" sia scalzo con il passo sfasato rispetto agli altri e ad occhi chiusi). Non credi che una band già di suo leggendaria abbia alimentato un mito macabro per  divertirsi alle nostre spalle, prendendo in giro tanto i fans quanto i tanto odiati (da John, soprattutto) critici?

"In teoria sì, è la Great Hoax, l'ipotesi da cui ogni individuo razionale NON può prescindere, ed è sempre molto probabile. Però, come dicevo sopra, tale burla sarebbe infinita, continua negli anni anche dopo la morte di John e George, ed è di una tale complessità che ci sarebbero voluti Leonardo da Vinci e Sherlock Holmes, più Lewis Carroll e Allan Poe, per ordire una trama così intricata e fitta.
Allora la domanda: se anche fosse, quanti indizi incredibili sono aggiuntivi, dovuti al Caso, che a sua volta si è divertito a metterci lo zampino con paradossali conicidenze?"

R.O.M.: "Paul Is Dead" è indubbiamente il tuo libro pi famoso, ma non è l'unico. Illustraci brevemente la genesi delle altre tue pubblicazioni legate al mondo della musica: "L'Uomo Dei Rockodrilli" e "Come Era Nero Il Vinile".

"Il primo è un libro diviso in due parti: all'inizio ci sono dei "Fantanecrologi per i miti del nostro tempo", ovvero dei "coccodrilli" per persone oggi ancora vive, come Woody Allen, Bob Dylan, Madonna. C'era pure quello di Michael Jackson, il cui decesso (nella finzione) era previsto per il 2011, ma la realtà mi ha anticipato (guai a chi dice che porto sfiga!). La seconda metà del libro, invece, è costituita da quattro racconti di Fantascienza rock, in cui immagino il futuro della musica... e altro. "Come Era Nero Il Vinile" è invece un romanzo breve, un thriller rock. Tratta delle avventure del Detective Floyd Hendrix, titolare dell'agenzia investigativa Orecchio Privato, specializzata in problematiche connesse al mondo della musica, expertise su reperti d'epoca, ricerche di registrazioni d'annata. Indagando su un traffico di falsi vinile, scopre che dietro la truffa si cela una catena di suicidi, che coinvolge numerose personalità molto in vista nel Regno Unito.
Parallelamente si muove un enigmatico personaggio, a sua volta manovrato da una sorta di spettro, la Donna Nera, la Regina d'Ebano.
Proseguendo nell'indagine, il detective discografico finirà per constatare come molti indizi riconducano alla storia degli anni Sessanta, agli idoli dell'epoca, alle grandi illusioni giovanili infrantesi nei decenni successivi. Floyd Hendrix si troverà così intrappolato in un vortice di impensabili coincidenze e,al termine del percorso, sarà messo di fronte alle sue stesse, più profonde paure. Mi sono molto divertito nello scrivere questi due libri, e chi li ha letti mi ha detto che si percepisce un certo umorismo di fondo... alla faccia dei temi impegnativi."

R.O.M.: La casa editrice Aerostella - per cui sono stati pubblicati questi due lavori - è di proprietà di Franz Di Cioccio. A quando un libro sulla PFM?

"Franz e la moglie (e producer) Iaia sono due persone deliziose, ma io non sono la persona adatta per trattare di PFM, perché seguo poco il rock italiano, da sempre. Sulla band c'è molto materiale, scritto da gente sicuramente più esperta di me." 

R.O.M.: Da fan dei Beatles, preferisci la carriera solista di John o quella di Paul (taciamo volutamente su quelle più discontinue di George e soprattutto di Ringo)?

"Ti stupirà, ma preferisco di gran lunga George -  stato un vero dolore perdere la sua grande anima. La sua carriera è stata discontinua, ma presenta un grandissimo doppio album (All Things Must Pass) mentre gli altri non hanno fatto nemmeno un album grandioso. Lasciando da parte Ringo, che non ne aveva la caratura, John ha fatto pochissimo (io salvo al massimo 5-6 canzoni davvero buone, con un solo grande brano, Istant Karma); Paul ha fatto qualcosa di più, durante tanti anni, ma brani sparsi, non LP perfetti. Forse il migliore  Flaming Pie, dove ci sono almeno tre grandissimi brani (Somedays, Little Willow, Calico Skies)."

R.O.M.: Domanda banale, ma non possiamo esimerci dal farla: quale è il tuo disco preferito dei Fab Four?

"Questa è la domanda più facile: Sgt. Pepper's per me l'album PERFETTO, l'apice di tutta la storia del rock, anche se adoro infinitamente anche Revolver... Posso ringraziarvi, ragazzi, della cortesia e della vostra competenza in materia?"

Ringraziamo te Glauco per la tua disponibilità!

domenica 30 ottobre 2011

KISS - Unmasked (1980)


"Quando il gatto perse la coda"

E' il 1980, l'alba di un nuovo decennio, ma per i quattro supereroi made in U.S.A. appare più come l'approssimarsi di un mesto tramonto. Già da qualche tempo in casa Kiss le cose non vanno affatto bene: la polvere d'angelo ha ormai obnubilato la mente di Peter Criss, Ace Frehley affoga le proprie frustazioni ed insicurezze in un fiume di alcool e la svolta 'pop-disco' di "Dynasty" si è rivelata un perfido boomerang, facendo schizzare il singolo "I Was Made For Lovin' You" in testa alle classifiche, ma creando malumori all'interno della vecchia Kiss Army, che la reputa un oltraggio alla credibilità artistica dei Nostri. Quando parte il faraonico  e disneyano tour di supporto al disco, intitolato "The Return Of Kiss", è evidente l'incapacità del 'Catman' di reggere i forsennati ritmi imposti da quella macchina da soldi in cui si è oramai tramutata la band. Benchè sia chiaro che i giorni  di Criss all'interno del gruppo siano oramai contati, per salvaguardare l'immagine "all for one" dei quattro, si decide di intraprendere i lavori per il nuovo album senza dichiarare alla stampa e tanto meno ai fan il licenziamento del batterista, che viene sostituito in studio dal sessionman Anton Fig. Pur tra mille avversità, "Unmasked" prende così lentamente forma: le nuove composizioni si spostano però su una linea più marcatamente pop e "radio friendly", ovattando il fragoroso suono delle chitarre e trasformando la bestia di un tempo in un docile e tenero micino. Intendiamoci, "Unmasked" non è un disco da buttare "in toto", giacchè contiene alcuni brani decisamente godibili, ma ad essi si alternano episodi dal gusto quantomeno dubbio. "Is That You" - uscita dalla penna del poco noto Gerard MacMahon - apre il disco con (relativa) grinta, assestandosi su coordinate rock, che recuperano in parte le vecchie atmosfere. Sfortunatamente, la qualità precipita ai minimi storici con la melensa, scialba e stucchevole ballata "Shandi", inspiegabile successo in Australia, Paese che fino a questo momento è stato ben poco attratto dalla musica dei Nostri. La bussola ritorna nella direzione del rock con "Talk To Me", ma sembra di trovarsi di fronte ad uno scarto del disco solista di Ace, uscito un paio d'anni prima. Un testo a dir poco banale, fiaccato da linee melodiche scolastiche e per niente ispirate, non riesce nel miracolo di risollevare le quotazioni del disco. Va decisamente meglio con "Naked City", brano sincopato e dall'atmosfera drammatica: una vera boccata d'ossigeno che spazza via, seppur brevemente, le due banalità precedenti. Neanche il tempo di riprendere fiato, che riprecipitiamo nel baratro con la sconcertante "What Makes The World Go Round", squallida macchietta pop di spessore pressochè nullo. La catchy "Tomorrow" avrebbe fatto un figurone sul disco solista di Paul Stanley ed ha quantomeno il pregio di risultare gradevole all'ascolto. "Two Sides Of the Coin" è il contributo migliore di Ace al disco: un gran singolo mancato. La poppeggiante "She's So European" è un chiaro segno del progressivo imborghesimento del "Demone" Simmons, all'epoca immerso nel jet set hollywoodiano grazie alla relazione con la cantante Cher. Un buon pezzo, ma si stenta a riconoscere il "God Of Thunder" dei tempi che furono. "Easy As It Seems" non sarebbe neanche male, ma il suo ritmo funkeggiante e ballabile con quei coretti di fondo è veramente troppo: non scherziamo ragazzi! "Torpedo Girl" evidenzia tutti i limiti vocali di Frehley e si salva solo per la base deliziosamente 70s e il buon uso delle chitarre, sebbene affossate da una produzione votata troppo smaccatamente all'easy listening. In chiusura "You're All That I Want", che vede di nuovo il songwriting precipitare ai minimi storici: i Kiss non hanno mai preteso di essere Bob Dylan, per carità, ma a tutto c'è un limite! Questa volta sono in pochi a cascarci e "Unmasked" diviene il primo vero flop del gruppo negli States, sebbene riesca a far breccia in Europa e soprattutto in Australia, dove i nostri ritrovano la calorosa accoglienza che tre anni prima gli era stata offerta in Giappone. Il nuovo batterista Eric Carr dal vivo riporta un pò di ossigeno e di energia nelle asfittiche linee del gruppo e pare che, poco alla volta, le cose si mettano per il meglio. Ahinoi, non sarà così: all'orizzonte si profila già il crepuscolo degli Dei.

Tracklist:

Is That You
Shandi
Talk to Me
Naked City
What Makes the World Go 'Round
Tomorrow
Two Sides of the Coin
She's So European
Easy as It Seems
Torpedo Girl
You're All That I Want




JOURNEY - Raised On Radio (1986)


'Sogni in FM'

Partiamo da una precisazione: questo non è l'album più importante registrato dalla band, giacchè la palma dorata spetta al colossale "Escape" del 1981 (disco che, è bene ricordarlo, sta all'A.O.R. come "Nursery Cryme" dei Genesis sta al Prog), ma è comunque un lavoro straordinariamente riuscito, capace di fare impallidire gran parte delle prove discografiche coeve di altri giganti del genere. La genesi del disco va ricercata nel 1983, all'indomani dell'uscita di "Frontiers" e dell'inizio del conseguente tour di supporto. Tra il frontman Steve Perry e i compagni già da tempo le cose non vanno più molto bene, ma nel corso del giro promozionale la crisi raggiunge il punto di non ritorno: la band viaggia seperata dal proprio cantante e i rapporti interpersonali appaiono irreversibilmente incrinati. Terminato il tour, ognuno va per la sua strada e Perry trova il tempo di registrate il proprio debutto solista, quello "Street Talk" del 1984 che gli darà numerose soddisfazioni, tanto artistiche quanto economiche, grazie a due singoli di successo "Oh Sherrie" e "Foolish Heart". Quando viene il momento di ritrovarsi per lavorare al nuovo disco  Perry fa la parte del leone e, forte del grande successo personale, impone alla band le sue scelte di campo, creando non poco malcontento tra i ranghi. A farne le spese sono il batterista Steve Smith e il bassista Ross Valory che vengono silurati contro le volontà del manager del gruppo, sostituiti da vari sessionmen. Ridottisi al trio Perry/Cain/Schon - come testimoniato dalla foto impressa sulla busta interna del vinile -, i Journey passano diversi mesi nei Fantasy Studios in California, sforando paurosamente il budget messo a disposione dalla Columbia. Ma il risultato raggiunto vale ogni singolo dollaro investito (si parla, a conti fatti, di oltre un milione di dollari di spese). "Girl Can't Help It" è un delizioso affresco pop rock che decolla sulle tastiere ovattate di Cain, relegando in secondo piano il chitarrismo di Schon. Perry dimostra di essere in stato di grazia, raggiungendo in quest'occasione delle vette espressive mai toccate prima. I toni cambiano con l'esuberante ritmo di "Positive Touch", colorata da un gran gioco di keys e basso, che ci proiettano nel tipico immaginario americano degli anni'80, composto da vestiti sgargianti e pettinature che sfidano la legge di gravità. Notevole l'assolo di chitarra nella parte centrale del brano, spezzato da una vincente melodia vocale che si trascina inaspettatamente in un assolo di sax da brividi (cortesia del guest Dan Hull). La successiva "Suzanne" prosegue sulle stesse coordinate ritmiche, impreziosite questa volta da una performance di Perry che ha dell'incredibile, rivelandosi in grado di spaziare con estrema naturalezza attraverso difformi spettri vocali. "Be Good To Yourself" è il brano più celebre dell'album, l'unico ad oggi ad essere costantemente riproposto dal vivo. L'episodio è legato indissolubilmente al tipico marchio di fabbrica 'Journey', fondendo in maniera sublime al suo interno, un riffing di matrice rock associato ad una forte componente melodica nelle linee vocali. La crepuscolare "Once You Love Somebody" è una meravigliosa semi ballata dal sapore notturno, graziata da un raffinato lavoro di tastiere, tra sottili reminiscenze seventies dell'hammond e le pomposità tipiche dei nuovi (per l'epoca) sintetizzatori. Veniamo investiti da un tripudio di emozioni, con la ballad "Happy To Give", perla di rara bellezza, dalla quale risuonano magiche melodie incastonate in una romantica piece che lambisce il pop, senza tuttavia risultare stucchevole. Un intro di armonica che puzza di bourbon e di profondo sud introduce la title track, che si muove su coordinate decisamente più toste e 'rockeggianti'. Rimarchiamo, il chitarrismo graffiante di Schon, che in quest'occasione prende il sopravvento sui morbidi tappeti tastieristici, rendendo quest'episodio paradossalmente atipico nell'economia generale dell'album. Una nota curiosa: "Raised On Radio" sebbene sia scritta anch'essa dalla magica triade, è l'unica canzone della quale non è riportato il testo sull'originario inner sleeve. "I'll Be Allright Without You" è una raffinata ballata architettata su una struttura squisitamente pop, evidenziando l'enorme gusto ed espressività di Schon, che a differenza di molti suoi illustri colleghi, sa centellinare le proprie prestazioni, non risultando mai invasivo e pretenzioso. In "It Could Have Been You" si respira un'atmosfera vagamente funky, immersa nelle tonalità brillanti ed accese del pop rock di classe, e graziata dall'ennesimo ricamo chitarristico del geniale Schon. A rimarcare lo spiccato mood notturno in cui è immerso il lavoro (d'altra parte basta a dare un'occhiata alla copertina semplice, ma d'effetto) ci pensa "The Eyes Of A Woman", una sognante ballata d'effetto che rasenta la perfezione nella sua eterea semplicità. Le calde sfumature del cielo che si prepara a riaccogliere il sole sono metaforicamente rappresentate dalla conclusiva "Why Can't This Night Go On Forever", un toccante epitaffio per piano e voce, sublimato da un'ineccepibile performance collettiva che ci accompagna alla fine di un bellissimo sogno. Mentre apriamo gli occhi, ci viene voglia di premere nuovamente il tasto play e ricominciare il "viaggio".

Tracklist:

Girl Can't Help It
Positive Touch
Suzanne
Be Good To Yourself
Once You Love Somebody
Happy To Give
Raised On Radio
I'll Be Alright Without You
It Could Have Been You
The Eyes Of A Woman
Why Can't This Night Go On Forever