sabato 30 marzo 2013

...E LIBERACI DAL MALE. AMEN.

Sebbene non sia il l'album più venduto della Regina del Pop, primato che spetta al precedente "True Blue" del 1986 (venticinque e passa milioni di pezzi) ed alla successiva raccolta “The Immaculate Collection” (trenta milioni), "Like A Prayer" è probabilmente IL disco fondamentale per comprendere tanto la donna Louise Veronica Ciccone, quanto l'artista Madonna. La fine del matrimonio con il rissoso Sean Penn ha indubbiamente contribuito allo sviluppo di un lavoro che, lasciatosi alle spalle la gioiosità di “True Blue” (nato non a caso quando la storia tra le due celebrità viveva il suo zenith), vira verso lidi più impegnati e riflessivi, in un tentativo di autoanalisi che parte dalla difficile infanzia della cantante, profondamente segnata dalla scomparsa della madre, e arriva al presente. Un disco nato per far discutere, insomma, e che riesce sin da subito nel suo intento grazie alla bagarre scaturita allorquando viene trasmesso il video del primo singolo. Croci in fiamme, Madonna con le stigmate e un Cristo di colore forse sono fin troppo per quegli anni così leggeri: il pubblico si divide, la Chiesa taccia l'artista di blasfemia e la Pepsi rescinde il contratto di sponsorizzazione del tour. Il passo più lungo della gamba? No, perché se è vero che, bene o male, l'importante è che se ne parli, alla fine è tutta pubblicità, gratuita peraltro, e fatti i conti sono in quindici milioni ad accaparrarsi una copia di questa “pietra dello scandalo” ed il successivo “Blond Ambition Tour” incassa 60 milioni di dollari. Dalla title track “Like A Prayer” che apre il disco, passando attraverso “Express Yourself”, “Love Song (scritta ed eseguita assieme a Prince) “Dear Jessie” e “Oh Father”, l'album non ha un solo punto debole. Quando si dice “Un disco della Madonna”...


mercoledì 27 marzo 2013

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI, PARTE III

Terminati gli impegni promozionali relativi al masterpiece "New Jersey", i Bon Jovi decidono di prendersi una lunga pausa (che terminerà solo a fine '92 con la pubblicazione del discreto "Keep The Faith"), ma nel frattempo né Jon Bon Jovi né Richie Sambora restano con le mani in mano, giacché entrambi pubblicano album solisti. Mentre il disco di Jon deve molto alle sonorità della band madre, quello di Sambora si sposta verso lidi maggiormente blues e "notturni", ponendo in risalto le eccellenti doti vocali del chitarrista, che fino ad ora era stato relegato ai soli cori nelle produzioni del gruppo. Un album eccellente nel complesso ma, purtroppo, destinato a perdere il confronto, quantomeno commercialmente, con quanto pubblicato dal biondo singer. Non è mai troppo tardi, comunque, per rivalutarlo.

sabato 23 marzo 2013

PENSAVO, CREDEVO, EPPURE...

Eppure dovrei saperlo bene io, visto il lavoro che faccio: mai giudicare un libro dalla copertina! E neppure un disco, a quanto pare. Pur rimanendo convinto dell'assoluta bruttezza della cover (interessante il "concept", pessima la messa in opera), il contenuto di "The Next Day" del redivivo Duca Bianco è un lavoro stupefacente, che necessita di ripetuti ascolti per essere pienamente compreso in tutte le sue sfaccettature, ma è ben lungi dall'essere una stanca riproposizione di clichés triti e ritriti. Bowie avrà pure 66 anni, ma mostra ancora la vitalità di un trentenne. Bentornato Dave!
 

martedì 19 marzo 2013

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI, PARTE II

Ben otto anni sono serviti affinché Steve Perry, messi sotto ghiaccio i Journey, pubblichi del nuovo materiale. E ben dieci sono quelli che separano "For The Love Of Strange Medicine" dal precedente lavoro solista, quel "Street Talk" che gli aveva portato così tante soddisfazioni, tanto artistiche quanto commerciali. Ma sono tempi diversi i primi anni '90, e neppure la Voce per eccellenza dell'AOR riesce a farsi largo nell'etere intasato dal pop-punk e post-grunge dell'epoca. Tempo due anni, tuttavia, e Steve deciderà di sottoporsi alla "prova del fuoco" di una reunion con i vecchi compagni, destinata invero a durare poco, ma a lasciare il segno. Come sempre, quando si parla di Journey.


sabato 16 marzo 2013

LA BAND: DEATH SS

I Death SS sono uno dei gruppi storici dell'heavy metal italiano, nonché uno dei più longevi poiché affondano le radici già nel lontano 1977. Dotati sin dalle origini di un look particolarissimo e molto curato, che attribuisce ad ogni musicista un personaggio definito (il Vampiro, la Morte, il Lupo Mannaro, la Mummia e lo Zombie, ai quali si è unito in anni più recenti il Fantasma dell'Opera), temi a sfondo horror / satanico e spettacoli decisamente coreografici, vantano una sinistra nomea che li ha resi tanto rispettati quanto temuti. All'inizio degli anni '80 pubblicano una serie di singoli ora molto rari e ricercati nelle edizoni originali (ma occhio alle ristampe degli anni '90!), prima di trovarsi costretti a sciogliersi nel 1982. "Fu un'escalation di eccessi e di trasgressioni, che fini però con il minare seriamente la salute fisica e mentale di ogni singolo membro di questa band." racconterà poi Steve Sylvester, da sempre anima e cuore (nero) del gruppo. Riformatisi nella seconda metà del decennio, con il primo trittico di "full lenght" ("In Death Of Steve Sylvester", "Black Mass" e "Heavy Demons", pubblicati tra il 1988 e il 1991) i Death SS divengono una delle punte di diamante della scena metal italiana. A partire dal concept "Do What You Wilt" del 1997, dedicato all'opera dello studioso dell'occulto Aleister Crowley, il sound si è modernizzato ma non ha perso nulla del sulfureo appeal che li caratterizza sin dagli inizi, limitandosi semmai ad attualizzarsi in modo che il "verbo" del gruppo possa essere compreso anche da ascoltatori anagraficamente più giovani. Il nuovo millennio si apre con la pubblicazione di "Panic", seguito da "Humanomalies" (ispirato al film "Freaks" del 1932) e "The 7th Seal", album diversi tra di loro, a testimonianza di una continua ricerca di nuove tecniche espressive da parte del gruppo. Lo scorso dicembre ha visto la luce il nuovo singolo "The Darkest Night" (in edizione limitata a 666 copie, subito esaurite) che fa da preludio al nuovo disco, la cui pubblicazione è prevista per il prossimo marzo: la marcia trionfale delle Tenebre continua. Un'ultima postilla, di non poca importanza: la doppia S del nome non ha alcun risvolto politico o ideologico ma sono le semplici iniziali del leader della formazione, il "Vampiro" Steve Sylvester.

lunedì 11 marzo 2013

ALTRE VOCI, PARTE II

Svestiti panni delle glam rock stars degli anni '80, l'inizio del nuovo decennio si prospetta quanto mai duro per i Motley Crue che, reduci dai fasti del multimilionario "Dr. Feelgood" devono far fronte all'abbandono (o alla cacciata, a seconda di quale "campana" vogliate ascoltare) del biondo Vince Neil. Con il nuovo John Corabi, i Crue si lasciano alle spalle le facili melodie della decade passata e cercano di reinventarsi sotto ogni punto di vista: dal look allo stile musicale la band che nel 1994 pubblica il nuovo (omonimo) album ha ben poco a che fare con quella che anni prima aveva riempito le arene e venduto tonnellate di dischi. Ma per quanto i Crue cerchino di lasciarsi alle spalle il passato, esso è troppo ingombrante per non fare ombra al presente e l'immagine dei tempi passati, ora così "demodé", incide negativamente sul progetto che si risolve in un flop mastodontico e, ammettiamolo, davvero immeritato. Il resto della storia a questo punto è già scritto: fuori John e dentro di nuovo Vince. Il prosieguo di carriera sarà certamente più fortunato commercialmente, ma privo di quell'energia che sprigiona dalle note di questo disco, così tristemente snobbato.

venerdì 8 marzo 2013

LUCI AL TRAMONTO, PARTE II

Che le cose fossero giunte al punto di rottura era divenuto palesemente chiaro sin dal 1969 e dall'abortito progetto "Get Back", disco che avrebbe dovuto riportare i The Beatles ad uno stile più diretto e meno influenzato dalle possibilità offerte dagli studi di registrazione, ma che fu messo da parte e sostituito da "Abbey Road". Recuperati i nastri e affidatili a Phil Spector, il risultato fu, specialmente per Paul McCartney (a suo dire oltraggiato dal trattamento cui erano state sottoposte le sue composizioni), la goccia che fece traboccare il vaso. Quasi contemporaneamente alla pubblicazione dell'album, reintitolato "Let It Be", McCartney diede l'addio definitivo ai compagni ed inaugurò una fortunata carriera solista con l'omonimo disco d'esordio. Per anni si speculò su una possibile reunion dei Fab Four, fino a quel dicembre del 1980 in cui un colpo di pistola ricordò al mondo che se la musica è immortale, i suoi artefici, sfortunatamente, non lo sono.

martedì 5 marzo 2013

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI, PARTE I

Chiusi i rapporti (in maniera tutt'altro che amichevole, ad essere buoni) con i compagni dei Deep Purple l'"Uomo in Nero" inaugura una lunga carriera solista, o meglio in compagnia della bella Candice Night. Il cambio di ragione sociale porta ad una profonda mutazione anche di stile, infatti in luogo dello sferzante hard rock di un tempo, ora troviamo atmosfere acustiche medievaleggianti che hanno ben poco a che fare con quanto prodotto sino ad ora. Quello che, paradossalmente, sorprende di più è il fatto che il voltafaccia verso sonorità così (apparentemente) anti-commerciali venga dalla stessa persona che nemmeno un ventennio prima aveva deciso di trasformare gli epici Rainbow in una band "da classifica". Forse è l'età a portare saggezza, oppure, molto più banalmente, il portafoglio è oramai talmente pieno da non necessitare di ulteriori rabbocchi...

sabato 2 marzo 2013

DAVID BOWIE, THE NEXT DAY

Pensavo (speravo) fosse uno scherzo invece no. Questa è la copertina del nuovo disco di Bowie. Di seguito la spiegazione della scelta: "L'immagine di copertina dell'album è una versione riadattata della cover di Heroes, del 1977. Creata da Jonathan Barnbrook (graphic designer che ha firmato anche Heathen e Reality). L'oscuramento della fotografia vuole indicare una "dimenticanza o cancellazione del passato"..."Se l'intenzione è quella di sovvertire un album di David Bowie, allora gli album fra cui scegliere sono davvero molti, ma Heroes è il più venerato. E se si trattava di sovvertire qualcosa, doveva essere un'immagine che scuotesse veramente, ed è lì che abbiamo pensato che Heroes fosse la scelta migliore sotto tutti i punti di vista". Sarà ma io la trovo orrenda sotto ogni punto di vista.