La morte di Keith Moon nel 1978 certamente
accelerò il processo di dissoluzione dei The Who, già minati da una serie
di dissidi interni, pesantemente influenzati dalle dipendenze alcoliche
e chimiche di Pete Townshend. La
decisione di proseguire comunque ingaggiando il batterista Kenney Jones
(Small Faces) a posteriori non ha ricevuto numerosi plausi dalla
critica, ma la colpa non va data solo al nuovo arrivato giacché molte
responsabilità pesano sulle spalle di Townshend che, demotivato e
fiaccato tanto fisicamente quanto psicologicamente, sembrava aver perso
la capacità di scrivere brani all'altezza degli standard qualitativi cui
ci aveva abituato negli anni precedenti. "Face Dances" per tali ragioni
mostra palesi sintomi di una stanchezza ed aridità compositiva che,
dopo il successivo "It's Hard" porranno fine alla parabola del gruppo,
salvo tutta una serie di revival concertistici (e sporadicamente anche
discografici, come nel caso di "Endless Wire" del 2006) che ci
restituiranno una band oramai entrata di diritto nell'Olimpo delle
Leggende. Quelle di Serie A, che si possono contare sulle dita delle
mani.
Considerazioni ineccepibili. I ragazzi avevano finito di dare il meglio da almeno tre anni..
RispondiEliminaGrazie! Si concordo, anche se non ho mai apprezzato particolarmente un disco come "The Who By Numbers...
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