Joe Lynn Turner evidentemente deve avere una passione per i chitarristi incazzosi ed egocentrici! Solo così possiamo spiegare come mai, messi sotto ghiaccio i Rainbow di Sua maestà Ritchie Blackmore a causa della reunion della mark II dei Deep Purple, il cantante decida di passare alla corte di Yngwie J. Malmsteen, uomo tanto dalla tecnica infallibile quanto dal carattere bizzoso ed incostante. Il sodalizio tra i due ha breve durata, ma consegna ai posteri "Odyssey", probabilmente è il miglior disco partorito dal musicista svedese . Basta l'iniziale "Rising Force", dotata di uno dei dieci più bei solo di chitarra su cui si siano mai posate le orecchie di chi scrive, a far capire come Yngwie sia qui riuscito a raggiungere la sintesi ideale di brani ad alto tasso di melodia e fughe chitarristiche "neoclassiche". Non mancano altre perle come il singolo "Heaven Tonight", la delicata ballad "Dreaming" o l'ammaliante "Now Is The Time", pezzi deliziosamente "catchy" ma che sfuggono ad ogni accusa di banalità o piattezza grazie ad un lavoro alle sei corde che ha talvolta del miracoloso. Qualsiasi piano di un seguito viene messo da parte quando Blackmore caccia (di nuovo!) Ian Gillan dai Deep Purple e, alla ricerca di un sostituto che sia – per usare un gioco di parole- "nelle sue corde", decide di andare sul sicuro e chiama il fedelissimo Turner, con il quale registra l'atipico AOR oriented "Slaves And Masters". Malmsteen da parte sua non si fa alcun problema: già che c'è fa fuori il resto del suo gruppo (giusto per far capire bene chi comanda...) e, riassemblata una nuova line up, prosegue sulla sua strada con l'ottimo – ma semi-ignorato- "Eclipse". Una "liaison" durata pochissimo, dunque, ma che ci ha lasciato un Signor disco, sconsigliato solo a chi si sia da poco avvicinato alla chitarra e non voglia, dopo l'ascolto, appendere (capo chino ed aria mesta...) lo strumento al chiodo.
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