Raised On Melodies continua la sua paziente ricerca nell’underground letterario italiano, per portare alla luce i libri più interessanti scritti da giovani e talentuosi autori, in cerca di una comprensibile visibilità in un mercato oramai eccessivamente saturo di proposte. In questo caso, siamo rimasti affascinati da “Veleno”, una raccolta di poesie edita dalla Book Sprint Edizioni, scritta da Claudio Luciani. L’autore toscano – già collaboratore del portale www.metalitalia.com - fa i conti con se stesso, snocciolando una serie di versetti dai quali trasudano emozioni brutali, ma sincere, dense di una quotidianità troppo spesso banalizzata, o meglio, soffocata dalla routine. Abbiamo contattato il giovane scrittore, il quale si è dimostrato disponibile ed entusiasta ad intraprendere una fitta chiacchierata con noi, dalla quale emerge la cinica consapevolezza di un uomo che ha scelto di esorcizzare i propri demoni con la poesia. Immaginate un incrocio artistico tra l’impressionismo decadente della “Casa dell’Impiccato” di Cezanne, impreziosito da una colonna sonora a cura di alcune death metal bands come Nocturnus e Morbid Angel. Che la discesa negli abissi abbia inizio…
ABBIAMO L'IMPRESSIONE CHE IN QUESTO DEBUTTO COME SCRITTORE, TU ABBIA VOLUTO SCACCIARE IN QUALCHE MODO I TUOI DEMONI, O MEGLIO, DECISO DI METTERE NERO SU BIANCO LE TUE EMOZIONI PIU' NEGATIVE. COME E' NATA L'IDEA DI SCRIVERE QUESTA RACCOLTA DI POESIE?
"E’ nata quasi per caso, più per sfogo che per altro tipo di velleità: a causa di situazioni personali poco piacevoli come la disoccupazione, o altri fantasmi del passato che tuttora non accennano a tacere, ho attraversato momenti difficili durante i quali ho pensato di essere impazzito. Quando tutto questo è diventato insostenibile ho letteralmente sentito la pressione esplodere, in me e intorno a me, ed ho cercato di incanalarla in qualcosa di concreto, pensando che se fossi riuscito a darle una forma avrei potuto guardarla dall’esterno, quindi renderla un oggetto “rimovibile” o (almeno) ricollocabile. E’ successo, dunque, che ho sentito un forte impulso a scrivere, il quale mi ha letteralmente dominato: mi è spesso accaduto di passare delle ore a scrivere e rileggere i miei deliri".
C'E' UN DETTO NOTO CHE RECITA: "FERISCE PIU' LA PENNA DELLA SPADA". DIFATTI, IL TUO VELENO E' DECISAMENTE AGGRESSIVO E LETALE CHE HA LA CAPACITA' DI TOGLIERE IL RESPIRO GIA' DOPO UN PAIO DI SCRITTI...
"Ti ringrazio, anche perché hai colto perfettamente quello che è il senso più profondo di ogni scritto. La mia idea è stata principalmente quella di fare una rappresentazione, rigorosa e impressionista al contempo, delle visioni che mi hanno accompagnato nell’anno e mezzo della gestazione del libro (in alcuni casi, anche da molto più tempo): talvolta hanno preso forma da esperienze vissute da me in prima persona, tali altre da immagini che semplicemente mi hanno ispirato, non importa se evocate da me stesso o catturate con uno sguardo altrove. Ho cercato di rappresentare tutto ciò attraverso simboli selezionati col calibro della mia immaginazione, lavorando perciò molto sul lessico, per renderlo adeguato allo stato emotivo racchiuso in ogni componimento: ho letto e riletto ognuno di essi per poi limarlo in ogni sua parte, concentrandomi su ogni singola parola e lavorando su di essa fino a farla collimare con l’immagine che avevo in mente".
COME E QUANDO E' NATO IL TUO AMORE NEI CONFRONTI DELLA POESIA?
"Per essere massimamente onesti, nel giugno 2010. Non nego di aver sempre provato una profonda ammirazione per la capacità di esprimere con poche decise parole concetti di respiro anche ampio, come accade nei testi di alcune band, tuttavia non mi sono mai interessato granché di poesia o letteratura: anzi, si tratta di uno dei campi in cui mi reputo profondamente ignorante, non essendo mai stato un insaziabile divoratore di libri. Si può tranquillamente dire che è una cosa avvenuta quasi per caso".
CERTO CHE HAI VOLUTO INTRAPRENDERE UNA BELLA SFIDA, ACCETTANDO UN INTERVISTA PER 'RAISED ON MELODIES'. IL NOSTRO E' UN CONTENITORE DI APPROFONDIMENTI ARTISTICO/MUSICALI LONTANO MILLE MIGLIA DALLA PERCEZIONE NEGATIVA DELLA VITA. COME PENSI DI CONQUISTARE I NOSTRI LETTORI?
"In realtà non ne ho idea: quando si parla di forme d’espressione estreme, che siano letterarie o musicali o di altro tipo, si tende a concentrarsi sugli aspetti più controversi e valutarli come conseguenza di una percezione della vita chissà quanto negativa. Pochi si ricordano, invece, che si tratta solo di rappresentazioni: la vita può offrire situazioni che hanno contenuti negativi e, semplicemente, c’è chi ne parla senza ricorrere a formule comunemente ritenute accettabili. Che sia per catarsi o qualsiasi altro scopo, chi è coinvolto in questo processo non fa altro che esprimersi assecondando alcuni dei suoi criteri estetici. Diciamo pure che “Veleno” è rivolto a tutti, in particolare a chi è affascinato da atmosfere prive di luce, in cui si animano immagini forti, fatte di carne e sangue come noi".
DA QUALCHE TEMPO COLLABORI CON METALITALIA.COM, IL PORTALE METAL PIU' IMPORTANTE DI ITALIA. COME MAI HAI SCELTO DI FAR SCRIVERE UN INTRODUZIONE AL CAPOREDATTORE LUCA PESSINA?
"A tal proposito ti racconto un aneddoto: prima di decidere definitivamente di far pubblicare “Veleno” ho fatto leggere la prima stesura a qualche mio amico fidato, che mi conoscesse bene. Tra i vari, ce n’è stato uno che aveva colto il legame con le atmosfere del death metal, arrivando a dichiarare esplicitamente come nei miei scritti ci fosse molto di questo genere musicale: ho quindi pensato che se la cosa, che a me pareva implicita, risultava così evidente allora avrebbe avuto senso coinvolgere chi del death metal avesse una percezione profonda e completa, per vedere come si sarebbe rapportato a questa realtà. Quando la casa editrice mi ha chiesto di scrivere la presentazione di “Veleno”, ho pensato che nessuno meglio di Luca avrebbe potuto farlo, dal momento che è uno dei massimi esperti nazionali della materia".
I TUOI GUSTI MUSICALI SONO ORIENTATI PREVALENTEMENTE SULLA MUSICA ESTREMA, IN PARTICOLAR MODO SUL DEATH METAL. COME E' NATA LA TUA PASSIONE PER QUESTO GENERE?
"Mi piace pensare che questa musica mi abbia scelto. Un giorno mi sono capitati fra le mani due tra i capolavori assoluti del Death Metal, che tutt’oggi reputo fondamentali per la mia “formazione” di ascoltatore: “Spheres” dei Pestilence, che mi impressionò con le sue strutture complesse, e “Covenant” dei Morbid Angel, che mi conquistò con la sua tenebra densa. Dopo è iniziato quello che contraddistingue ogni appassionato, ovvero il processo di ricerca, di documentazione e l’ascolto di nuovi dischi: per dirla in breve ho “assecondato” la mia “fissa”, tutt’oggi viva e vegeta".
E' UN AZZARDO DEFINIRE LA TUA RACCOLTA COME UNA JAM TRA I NOCTURNUS E I CANNIBAL CORPSE?
"Un azzardo? Direi di no, perché i Nocturnus hanno un approccio chirurgico alla composizione, simile a quello che ho avuto anch’io nei confronti del lessico adoperato, mentre i Cannibal Corpse si possono citare per le immagini forti che sanno evocare, benché siano inserite in un contesto gore tacitamente umoristico (fumettistico, quasi). Dovessi farti dei nomi io, parlerei più di Morbid Angel, Incantation e tutti quei gruppi affascinanti che rappresentano l’estetica decadente del disfacimento, sia fisico che morale, poiché trovo di grande ispirazione le atmosfere morbose che creano nelle loro canzoni".
EPPURE SONO CONVINTO CHE APPREZZI ANCHE QUALCHE BAND DI CLASSIC ROCK. ALLA FINE NASCE TUTTO DA LI'...
"E sei convinto bene! La mia passione per il rock (duro) nasce fondamentalmente dai primi tre gruppi che ho ascoltato con passione: Led Zeppelin, Aerosmith e Black Sabbath, forse il mio gruppo preferito di sempre. Ti racconto una cosa in proposito: ho scoperto queste tre band grazie ad un amico mio perché da “pischello” non avevo nemmeno lo stereo, quindi passavo sempre da casa sua – dove invece era presente un giradischi – ed ascoltavamo i vinili che prendeva dallo zio. Vecchi ricordi di romanticismo analogico J ".
SPESSO, UN BRAVO SCRITTORE E' TANTO ABILE A IDEARE RACCONTI, EVENTI, PERSONAGGI ED I RELATIVI CONTORNI CHE CONTRIBUISCONO AD ARRICCHIRE L'OPERA, QUANTO A RACCONTARE MOLTE BUGIE NELLA VITA REALE. TI RICONOSCI ANCHE TU IN QUESTA CATEGORIA, CLAUDIO?
"No, non sono un “cazzaro”, se è questo che mi stai chiedendo. Però hai colto una cosa assolutamente vera: ho il vizio, se non il profondo piacere, di “supercazzolare” la gente (chiunque abbia visto “Amici Miei” sa cosa intendo) raccontando delle cose assurde e sfruttando quella che chiamo “la tecnica del giro di vite”. Parto da qualcosa di verosimile e ad ogni passaggio aumento un poco il grado di assurdità, arrivando alla fine a scenari completamente senza senso: a quel punto rivelo che niente di quello che ho detto è vero, anche perché non mi piace portare il gioco per le lunghe. Probabilmente ciò è una forma di esibizionismo nascente dal bisogno di soddisfare il mio “Io narrativo”: è una conclusione a cui sono giunto da poco".
QUALE E' LA POESIA CHE MEGLIO RAPPRESENTA CLAUDIO LUCIANI IN QUESTO MOMENTO?
"Onestamente penso che ognuna rappresenti il frammento di me che l’ha generata in modo appropriato, tuttavia sarebbe scortese non cogliere il tuo invito: ti dico, quindi, che ci sono alcuni versi direttamente connessi a quelle che chiamo “le mie più basse vibrazioni”, cioè quel complesso emotivo non del tutto cosciente alla base dei filtri che distillano la nostra esperienza fino a renderla cultura personale. Tra queste composizioni ci sono “La Mia Droga”, “La Mia Guerra” e “Una Eco Primitiva”.
SEI AL LAVORO SU ALTRI PROGETTI LETTERARI, O TI SEI VOLUTO SEMPLICEMENTE TOGLIERE UNO SFIZIO?
"Attualmente no, perché sono impegnato in cose più urgenti (come organizzare gli espedienti di cui campo, in cerca di un lavoro decente), ma di certo non abbandonerò questa via perché lascia libere e incontrollate le mie necessità espressive. Sto comunque facendo un’autovalutazione, anche se lenta, che mi permetta di andare oltre l’esperienza di “Veleno”: in un eventuale prossimo lavoro vorrei evitare di ripetermi, sempre ammesso di avere la fortuna di trovare qualcuno disposto a pubblicarlo (gratis, perché a pagamento può essere pubblicato chiunque)".
L'ECONOMIA MONDIALE E' IN NETTA DIFFICOLTA' E PARE CHE ATTUALMENTE NESSUNO ABBIA TROVATO UNA CURA PER MIGLIORARE LE NOSTRE CONDIZIONI SU QUESTO PIANETA. SENZA CONTARE I CONTINUI DISASTRI AMBIENTALI SEMBRANO DOVER PRESAGIRE LA FINE DEL MONDO. QUALE E' LA TUA OPINIONE?
"Non penso che avverrà alcuna fine del mondo, per nessun tipo di evento catastrofico, perché sarebbe compromettente nei confronti degli interessi economici legati all’esistenza del mondo stesso. Da questo semplice asserto si può dedurre, in via del tutto informale, che ogni tipo di dissesto economico ed ambientale abbia la sua necessità: non intendo dire che siano eventi appositamente creati, ma che si tratti spesso di faccende più o meno evitabili, che vengono lasciate accadere per qualche tipo di finalità (controllo, marketing, convenienza in termini di costi etc). Tutto ciò favorisce, per mezzo di un’esasperante esposizione mediatica, un atteggiamento generale di preoccupazione che distoglie da questioni più contingenti, come la fantomatica cura cui accenni: penso infatti che limitando determinati atteggiamenti volti a massimizzare i profitti delle multinazionali, per me i veri padroni dell’economia – dunque della politica – mondiale, si potrebbe far fronte in maniera efficiente alle suddette difficoltà, generando una possibile ripresa".
C'E' UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL?
"Il tunnel è per me una rappresentazione fin troppo determinista: per le sue stesse caratteristiche costitutive, ci si aspetta che porti da qualche parte. Più latamente rappresenta il concetto di inizio e fine, che la tua domanda riferisce a momenti negativi. Di certo l’esistenza è un’esperienza temporalmente limitata, tuttavia momenti negativi e positivi si intrecciano e coesistono, formando quel fitto tessuto che noi chiamiamo “vissuto”. Penso quindi che bisogni concentrarsi sull’apporto (magari anche estemporaneo) degli eventi positivi che ci riguardano, in modo da trarne il massimo effetto, piuttosto che aspettarsi – o addirittura sperare – di vedere la luce al termine di un percorso, perché trovo che quest’ultimo atteggiamento possa essere distorto in concetti dannosi ed abusati, come quello di divina provvidenza".
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