domenica 29 giugno 2014

45 ANNI DOPO, IL DIRIGIBILE VOLA ANCORA ALTO...


La più grande rock band degli anni settanta? No, o meglio, non solo. I Led Zeppelin sono molto di più: la Quintessenza della rock band. Dotati di un carisma e di un alone che non esiterei a definire "mistico", gli Zeppelin hanno costruito nel decennio, che li ha visti discograficamente attivi, ciò che quasi nessuna band era mai stata capace di fare, attingendo a quelle radici blues che sono il fondamento di tutta la musica definita "rock" e rielaborandole in brani destinati a divenire pietre miliari. Così come i The Beatles (che in quegli anni stavano vivendo i loro ultimi, difficili, momenti) erano divenuti simboli ed icone degli anni '60, così gli Zep lo saranno per il decennio successivo, in un susseguirsi di trionfi, eccessi e tragedie personali che hanno pochi eguali nel - solitamente ben fornito - mondo del rock. La morte di John Bonham nel 1980 porrà fine al gruppo, che si rivelerà tra i pochi restii a tour autocelebrativi e reunion posticce, ma non spegnerà quel "fuoco sacro" che ancora oggi spinge ogni adolescente che si avvicini alle sei corde ad inerpicarsi sulla "Scalinata Per Il Paradiso".

giovedì 26 giugno 2014

CHI DI VOI E' PINK?


All'interno di una discografia pressoché impeccabile come quella dei Pink Floyd (uno dei pochi gruppi che hanno avuto l'intelligenza di eclissarsi quando le idee iniziavano a scarseggiare, senza indulgere in inutili, per quanto remunerativi, post-scriptum), "Wish You Were Here" sconta il fatto di essere uscito dopo che la band aveva mostrato al mondo ciò che si celava sul "Lato oscuro della luna". Si tratta quindi di una posizione di subordinarietà solo temporale e non qualitativa, giacché, almeno per chi scrive, questo disco è l'Essenza dei Pink Floyd, giusto un attimo prima che Roger Waters prendesse in mano completamente le redini del gruppo per una triade di lavori che (soprattutto l'ultimo, "The Final Cut") appaiono -almeno concettualmente- come progetti solisti col nome dei Floyd in copertina. Dedicato al "diamante pazzo" Syd Barrett ed ispirato al concetto di "assenza", l'album mostra nei suoi cinque ( o quattro, se si considera "Shine On You Crazy Diamond" come un'unica suite) brani tutte le componenti che hanno reso il gruppo assoluto protagonista, per vendite ed importanza storica, del rock inglese: atmosfere progressive, guidate dalle soffuse tastiere del compianto Richard Wright, per la succitata "Shine On", acida cattiveria per "Welcome To The Machine" e smaccata ironia per "Have A Cigar" ("Oh, By The Way, Which One's Pink?"), senza dimenticare il delicato arpeggio della title track, brano tra i più noti della band. Un lavoro che, anziché inquadrare un periodo, travalica tempo e spazio, come solo i Capolavori, quelli con la C maiuscola, sanno fare.

martedì 24 giugno 2014

FUNNY ROCK FILES: I BLACK SABBATH ED I PROBLEMI CON LA MATEMATICA!

Come se il fatto di aver ingaggiato Ian Gillan come cantante non fosse già di per se abbastanza risibile come cosa, visto l'abisso che separa i Black Sabbath dai Deep Purple tanto concettualmente (cupi e introspettivi i primi, allegri e solari- escluso Blackmore- i secondi) quanto visivamente, il tour del discusso "Born Again" vide la band incappare in una disavventura talmente ridicola da essere entrata negli annali del Rock. La presenza del brano strumentale "Stonehenge" all'interno del suddetto album fu l'ispirazione per lo stage set dei concerti, il quale avrebbe dovuto riprodurre le ciclopiche strutture del noto sito archeologico. Sulla carta tutto bene...i problemi emersero quando si dovette passare alla realizzazione fisica del progetto. Il manager della band, Don Arden (padre di Sharon, moglie dell'ex frontman Ozzy Osbourne) infatti scrisse le dimensioni pensandole in "piedi" (misura tipicamente anglosassone) ma per errore le indicò in metri! Risultato: la ditta costruttrice realizzò (a costi astronomici) delle strutture ampie 15 metri, troppo grandi per qualsiasi palco presente nelle arene in cui il gruppo avrebbe dovuto esibirsi e, come conseguenza, esse furono per lo più inutilizzabili nel corso del tour. Possiamo solo immaginare l'espressione di Tony Iommi quando vide il palco finito e si rese conto del "piccolo" problema. Gillan, da parte sua, probabilmente si fece una grassa risata e si recò al pub più vicino.

domenica 1 giugno 2014

C'E' UN LIMITE ALLA VERGOGNA?


Curiosando su You P... (ehm) You Tube in tarda nottata, siamo venuti involontariamente a conoscenza dell'esistenza sul pianeta Terra di tale Jan Terri. Se fino ad oggi nessuno ne ha sentito parlare, ci sarà pure un motivo! Autrice di due album prodotti per la sua 'JT Records' (?) all'inizio degli anni '90, la goliardica e paffutella "artista" di Chicago, ci delizia con un grottesco pastone di pop, rock'n'roll, country e gorgheggi vari che rasentano, anzi, affrontano e danno un nuovo significato al concetto di ridicolo. Sul web girano almeno quattro videoclip amatoriali di Jan, tra i quali "spicca" il vomitevole "Losing You". Rimarchiamo le riprese assolutamente amatoriali, al confronto delle quali il video della vostra Cresima apparirà come un film di Spielberg, altresì corroborate da uno storyboard grottesco, da personaggi al limite del credibile ed affossato dalla performance della "cantante". Scossi dalle continue risate, non siamo in grado di descrivervi ulteriormente lo scempio perpetrato nei confronti della Musica, anche se alla fine del brano ci ritroveremo nostro malgrado a canticchiare l'abominevole chorus. VERGOGNA!!!!!!!!