mercoledì 30 gennaio 2013

DEF LEPPARD, PYROMANIA COMPIE 30 ANNI!

Quando la band di Sheffield entrò in studio per dare un seguito ad “High 'n' Dry”, sicuramente non aveva idea della svolta che la sua carriera avrebbe subito nei mesi a seguire. I primi due dischi erano stati discreti successi negli States, nulla di più, e niente faceva pensare che il terzo avrebbe potuto cambiare le cose. Eppure, grazie al meticoloso (e, a volte, frustrante) lavoro del produttore John “Mutt” Lange, e dopo essere stati costretti a sostituire il chitarrista Pete Willis con Phil Collen (proveniente dai Girl), i Leppard fecero finalmente centro. Disco di diamante negli U.S.A. per vendite pari a 10 milioni di copie, l'album rimane uno dei capisaldi dell'hard rock degli Eighties ed è un trionfo anche dal punto di vista qualitativo, non soffrendo di alcun momento di stanchezza, né di brani che siano meri riempitivi. “Stagefright”, “Photograph”, “Rock Of Ages”, “Foolin'” sono solo alcune delle perle di quello che è niente di meno che un capolavoro. L'immediato futuro, segnato dal grave incidente occorso al batterista Rick Allen, avrebbe messo alla prova la tempra del gruppo, ma lo avrebbe anche ripagato ulteriormente, permettendogli di bissare un campione di incassi con un nuovo (e persino più grande) successo. Tempi “isterici” erano all'orizzonte...

lunedì 28 gennaio 2013

TUTTO DA RIFARE, PARTE III

Di "Under Wraps" vi abbiamo già (s)parlato a lungo tempo fa su Raised On Melodies, ma visto che di orrori si sta parlando, ci sembrava giusto inserire qui anche l'incarnazione "Kraftwerk with Flute" che i Jethro Tull ebbero nei primi anni '80. Dopo le sperimentazioni di "A" (che perdoniamo per il fatto che avrebbe dovuto essere una prova solista di Ian Anderson, poi accreditata per motivi commerciali al gruppo) ed il lieve passo indietro (almeno a livello tematico) di "Broadsword And The Beast", i Tull ne escono con un album che, se sventrato e rimpastato, non sarebbe neppure da buttare giacché qualche spunto interessante ci sarebbe pure, seppellito purtroppo sotto una valanga di tastiere, campionamenti e -orrore!- persino una drum machine. "Sotto le coperte" recita il titolo, ma direi che una bella colata di cemento sarebbe meglio.

venerdì 25 gennaio 2013

LUCI AL TRAMONTO, PARTE I

La morte di Keith Moon nel 1978 certamente accelerò il processo di dissoluzione dei The Who, già minati da una serie di dissidi interni, pesantemente influenzati dalle dipendenze alcoliche e chimiche di Pete Townshend. La decisione di proseguire comunque ingaggiando il batterista Kenney Jones (Small Faces) a posteriori non ha ricevuto numerosi plausi dalla critica, ma la colpa non va data solo al nuovo arrivato giacché molte responsabilità pesano sulle spalle di Townshend che, demotivato e fiaccato tanto fisicamente quanto psicologicamente, sembrava aver perso la capacità di scrivere brani all'altezza degli standard qualitativi cui ci aveva abituato negli anni precedenti. "Face Dances" per tali ragioni mostra palesi sintomi di una stanchezza ed aridità compositiva che, dopo il successivo "It's Hard" porranno fine alla parabola del gruppo, salvo tutta una serie di revival concertistici (e sporadicamente anche discografici, come nel caso di "Endless Wire" del 2006) che ci restituiranno una band oramai entrata di diritto nell'Olimpo delle Leggende. Quelle di Serie A, che si possono contare sulle dita delle mani.

mercoledì 23 gennaio 2013

METALITALIA FESTIVAL 2013 - HEADLINER: URIAH HEEP!



Abbiamo finalmente il piacere di annunciare che saranno gli URIAH HEEP uno degli headliner del METALITALIA.COM FESTIVAL 2013. Considerati un vero e proprio pezzo di storia della musica mondiale, eseguiranno un set esclusivo che ripercorrerà tutta la carriera della band. Per l’occasione saranno affiancati da importanti ospiti stranieri e italiani selezionati da vari sottogeneri della musica metal che verranno svelati a breve e che renderanno completa ed indimenticabile l’esperienza del Metalitalia.com Festival! Le prime altre band confermate sono: ARTILLERY, la garanzia di uno show energico a suon di thrash metal danese. SCHIZO, la leggendaria band tutta italiana, attualmente al lavoro con Tommy Vetterli (Coroner) sul nuovo album. GAMA BOMB, apprezzata e riconosciuta band irlandese del panorama thrash mondiale per un unico show italiano ed infine i death thrasher brasiliani TORTURE SQUAD e la rivelazione epic metal italiana ICY STEEL.

Nell’area estiva, appositamente attrezzata anche in caso di maltempo, oltre all’immancabile METAL MARKET con CD e merchandising saranno presenti anche stand di artisti, tatuatori, performer, punto ristoro, area lounge e altro.
Il LIVE MUSIC CLUB è provvisto di un ampi parcheggi gratuiti e un ristorante al piano superiore dal quale è possibile assistere direttamente al concerto.

A Breve maggiori informazioni.

Sabato 11 Maggio 2013
METALITALIA.COM FESTIVAL 2013
URIAH HEEP, ARTILLERY, SCHIZO, GAMA BOMB, TORTURE SQUAD, ICY STEEL  …and many more!
LIVE MUSIC CLUB
Via Mazzini 58, Trezzo Sull’Adda Milano (MI)
Il costo del biglietto è di €30 più diritti di prevendita. Prezzo in cassa €35

Le prevendite saranno disponibili a partire da Venerdì 25 gennaio attraverso i seguenti circuiti e rivendite autorizzate:
TICKET ONE
M@ILTICKET
LIVE CLUB
Info:
METALITALIA.COM
www.metalitalia-festival.com
www.facebook.com/Metalitalia.comFestival
Evento Facebook: http://www.facebook.com/events/319017201543267/
www.metalitalia.com
LIVE MUSIC CLUB
www.liveclub.it
EAGLE BOOKING LIVE PROMOTION:
www.eaglebooking.com
Official Sponsor:
EMP Mailorder Italia
www.emp-online.it
Official Event Partner:
BARLEY ARTS PROMOTION
www.barleyarts.com

lunedì 21 gennaio 2013

TUTTO DA RIFARE, PARTE II

Sebbene chi scrive non apprezzi per nulla la produzione anni '80 targata Queen, è sempre riuscito a trovare qua e là qualche spunto interessante anche in dischi non propriamente epocali come "The Works" e "The Miracle". Lo stesso non può dirsi tuttavia per "Hot Space", pubblicato nel 1982 e considerato non solo il peggior parto dei Queen, ma anche una delle più grandi follie mai registrate da una band di alto livello. Inguardabile la copertina e inascoltabile il contenuto: scialbe composizioni che fanno il verso ad "Another One Bites The Dust" (e personalmente trovo poco stimolante già l'originale) nel tentativo di rendere la musica del gruppo adatta ad essere suonata nei club dove il gruppo amava andare per svagarsi (e, nel caso di Mercury, per qualcosa di più...). Nemmeno la collaborazione con David Bowie per "Under Pressure" riesce a salvare la situazione e viene anzi da chiedersi se sia stato l'incontro con i Queen a istigare il "Duca Bianco" alla realizzazione dei suoi successivi lavori in studio. Un'epidemia di "mediocrità compositiva".

sabato 19 gennaio 2013

ROD STEWART, DALLE STELLE ALLE STALLE.

Alla fine dei '60 Rod The Mod si fa notare per la sua performance immensa su "Truth" di Jeff Beck (ossia i Led Zeppelin prima dei Led Zeppelin), avviando subito dopo una fruttuosa carriera di successo con i Faces. Nel frattempo trova anche il tempo e l'ispirazione di incidere una serie di strepitosi dischi da solista, prima di farsi obnubilare il cervello da una montagna di dollari e da una quantità non indifferente di supposte di cocaina. Difatti il suddetto video (tratto dal vendutissimo "Blondes Have More Fun" del 1978) rappresenta l'inizio della decadenza artistica di Mr.Stewart. Mettetevi pure comodi e godetevi questo pastiche nel quale il Nostro si diverte a fare il piacione di periferia tra acconciature improponibili, vestiti agghiaccianti, sguardi da pesce lesso conditi da un'atmosfera pseudo erotica da balera di quarta categoria. Negli anni'80 Rod sembra dare il peggio di sè (artisticamente parlando), ma nell'ultima decade l'illustre crooner è riuscito pure a far peggio. Ahinoi, negli ultimi album abbiamo a che fare con una serie di reinterpretazioni di alcuni pedanti classici della canzone americana e il recente "Merry Christmas, Baby" è la cosiddetta ciliegina sulla torta di una carriera iniziata alla grande, giunta ora al tramonto tra le luci abbaglianti dei Casino di Las Vegas. Brividi.


venerdì 18 gennaio 2013

DID I SAY THAT? PARTE I

I Def Leppard satanici? Ma fateci il piacere! In coda al pezzo (circa a 5:34) si sentono alcune parole interpretabili come "Jesus Of Nazareth, Go To Hell!" Stando alla band in realtà si tratterebbe del produttore John Mutt Lange che direbbe "Bloody Hell" (imprecazione traducibile come "Cristo Santo!")

martedì 15 gennaio 2013

DEEP PURPLE - MARK II, ATTO FINALE

La fine di una leggenda ripresa in video. Tour del 1993, la band attacca con "Highway Star" ma...dov'è Blackmore? Dopo un pò Sua Maestà finalmente si degna di entrare, suona scazzatissimo, lancia delle occhiate inequivocabili a Ian Gillan e lancia un bicchiere d'acqua addosso ad un cameraman (e, guarda caso, si dice fosse la fidanzata di Gillan a manovrare la telecamera...). Nessuna sorpresa che, terminati gli obblighi contrattuali, la frattura divenisse insanabile.

lunedì 14 gennaio 2013

DAVID BOWIE, DALLA "POLVERE DI STELLE"... ALLA "POLVERE BIANCA" - PARTE I

Eclettico, trasformista, vera icona passata indenne attraverso quattro decadi come accaduto a pochissimi acts della sua generazione, David Bowie con "The Rise And Fall Of Ziggy Stardust Ad the Spiders From Mars" completa definitivamente la trasformazione da semplice musicista ad "artista" a tutto tondo. Sebbene il disco non sia in assoluto il migliore della sua quarantennale carriera (almeno per chi scrive), è quello che più di ogni altro lo rappresenta, grazie alla geniale intuizione della creazione di un alter-ego da incarnare sul palco, la rockstar Ziggy "polvere di stelle" appunto. Eccezionale nelle intenzioni più che nel -comunque rilevantissimo- risultato finale, il disco aprirà definitivamente a Bowie le porte dei mercati internazionali ma non lo imprigionerà in uno stereotipo, tanto che già l'anno successivo il personaggio Ziggy troverà la sua fine proprio sul palcoscenico, per tramutarsi in "un ragazzo folle" (A-Lad-Insane) alla scoperta degli States. Forse un sinistro presagio di quanto prospettava l'immediato futuro, un futuro caratterizzato (e pesantemente influenzato) da ben altre "polveri"...

sabato 12 gennaio 2013

MEAT LOAF: BAT OUT OF HELL

Privato dell'apporto di Jim Steinman (che tuttavia qui offre alcuni brani "di riciclo") Meat Loaf cerca di ricostruirsi una carriera che sembra ormai alla deriva. La strada per ritrovare il successo è lunga, ma una delle tappe fondamentali è proprio tra i solchi di questo album. "Tu non hai idea di come si scriva una canzone. Hai mai ascoltato musica pop? Hai mai ascoltato del rock'n'roll? Dovresti scendere quando te ne vai e comprare dei dischi di rock'n'roll." Queste le parole che Clive Davis, funzionario della label CBS rivolse a Jim Steinman dopo avere ascoltato i brani proposti da lui e Meat Loaf durante un'estemporanea esibizione live nei suoi uffici. Incredibilmente questo non fu l'unico  rifiuto da parte di una casa discografica, indice di quanto il rock'n'roll di stampo wagneriano che i due stavano proponendo fosse fuori dalle righe e da ogni regola di mercato. Apparentemente almeno: infatti quando, dopo due anni di dinieghi e porte sbattute in faccia, i due si accasarono presso la Cleveland Records, sussidiaria della Epic, e riuscirono a pubblicare il disco nell'autunno del 1977 andarono incontro ad un successo da quaranta milioni di copie vendute. A dimostrazione di come la qualità paghi! Perchè signori "Bat Out Of Hell" è un disco con la D maiuscola, nato al crocevia tra un rock di pura matrice springsteeniana - andate ad ascoltare "Born To Run" uscito due anni prima e fate i debiti confronti - ispirazioni 50's, un musical di Broadway e un'opera di Wagner. "Come un pipistrello volato fuori dall'Inferno" parte la title track, tour de force di dieci minuti che mette subito le carte in tavola:  rock magniloquente ed epico, fatto di continui cambi di tempo, dove nulla è lasciato al caso e la parte di chitarra di Todd Rundgren ad imitazione di un motore che va su di giri meriterebbe di suo pagine di elogio ed applausi a scena aperta. "You Took The Words Right Out Of My Mouth", introdotta da un recitato ad opera di Steinman e Ellen Foley, sposta le lancette indietro di un ventennio e ci riporta in un immaginario suburbano di fine anni '50, grazie ad un sapiente uso dei controcanti. La delicata "Heaven can Wait" è la cartina tornasole di tutte le successive ballate incise da Meat Loaf, il quale con un accompagnamento orchestrale mette in mostra tutte le sue qualità vocali.  "All Revved up with No Place To Go" è dominata dai fiati e si pregia di un grande assolo di sax e di un inaspettato finale accelerato. "Ti voglio, ho bisogno di te, ma non c'è possibilità che mi innamori di te. Ora non essere triste perchè due su tre non è male..." recita l'ironica ma dolcissima ballata "Two Out Of Three Ain't Bad"  e fa da preludio ad un nuovo salto indietro nel tempo con "Paradise By The Dashboard Light", delizioso ed energico pezzo 50's che vede le parti vocali divise tra Meat e Ellen Foley. Coup de Teatre del brano è celebre il break centrale, con la cronaca di una partita di baseball ad opera di Phil Rizzuto che metaforicamente descrive l'approccio sessuale di una coppia, con lei che si nega finchè il ragazzo non le avrà promesso di sposarla e lui che nicchia con un laconico "Let me sleep on it". La crepuscolare "For Crying Out Loud", dotata di un sontuoso accompagnamento orchestrale, è stata troppo spesso sottovalutata, anche in sede live, ma rimane senza dubbio di una delle migliori interpretazioni di Meat Loaf e pone la parola fine allo script di un disco che, a trentacinque anni dalla pubblicazione, non ha perso nemmeno un briciolo di freschezza ed originalità. Gli anni '80 non saranno altrettanto fortunati per Meat Loaf che, allontanatosi da Steinman dopo la sbiadita fotocopia di "Dead Ringer" del 1981 (tutto incentrato sullo - splendido a dire il vero - duetto con Cher nella title track), non riuscirà più a tornare su questi livelli. Solo la ricostituzione della partnership vincente porterà di nuovo soldi e successo nel 1993 con il vendutissimo sequel "Bat Out Of Hell II. Back Into Hell". Ma questa è un'altra storia, che (forse) vi racconteremo molto presto. Per ora, riesumate il giubbotto di pelle e scaldate il motore: la notte è ancora lunga ed è tutta vostra.
 
Tracklist:
Bat Out Of Hell You Took The Words Right Out Of My Mouth (Hot Summer Night) Heaven Can Wait All Revved Up With No Place To Go Two Out Of Three Ain't Bad Paradise By The Dashboard Light For Crying Out Loud

mercoledì 9 gennaio 2013

FLOP ECCELLENTI, PARTE I

Campioni di vendite con due ottimi lavori di party metal ("Dirty Rotten Filthy Stinking Rich" e "Cherry Pie") e divenuti presto idoli delle ragazzine, grazie agli occhioni del leader Jani Lane, con "Dog Eat Dog" gli Warrant incappano in un brutto flop. Nonostante il lavoro contenga una serie di brani di indubbia qualità, da qui in avanti, la band imboccherà una spirale discendente senza sosta, culminata nella ingloriosa scomparsa di Jani. Da riscoprire.


venerdì 4 gennaio 2013

IL PERSONAGGIO: PHIL LYNOTT

Definire Phil Lynott il musicista rock di colore più influente dopo Jimi Hendrix, più che rivelarsi un complimento, finirebbe per suonare alquanto riduttivo. Al di là del colore della pelle, infatti, Lynott è stato un artista dal grandissimo talento, capace di rendere i suoi Thin Lizzy il più grande fenomeno musicale partorito dall'Irlanda dell'era pre-U2. Una carriera spettacolare quella dei Lizzy : dalla ripresa del traditional "Whiskey In The Jar" e passando attraverso "The Boys Are Back In Town" e "Jailbreak", per tutti gli anni '70 la band ha pubblicato brani che hanno creato il substrato su cui si è formata una miriade di musicisti che avrebbero colto il frutto del successo nel decennio successivo, lo stesso che paradossalmente avrebbe visto le fortune commerciali del gruppo assottigliarsi sempre di più, fino all'inevitabile scioglimento. Artista di talento, ma anche una figura internamente fragile e preda di un maledetto demone (l'eroina) che lo porteranno ad una prematura dipartita il 4 gennaio 1986. Fine ingloriosa per una delle più grandi figure che quella piccola isola verdeggiante ci abbia regalato, ma tristemente a tema per chi è stato sempre – per citare il titolo di un suo brano - "The Rocker", tanto nella vita, quanto nella morte. Un cliché? Forse. Una leggenda del rock? Certamente.

giovedì 3 gennaio 2013

PROMESSE NON MANTENUTE PARTE I

Due albums, una presenza scenica che spazzava via il 90% delle band in giro e poi? Ognuno per la sua strada e tanti saluti. Peccato, ragazzi miei.

martedì 1 gennaio 2013

WHITESNAKE - SLIP OF THE TONGUE

Dopo un decennio trascorso a conquistare allori nel vecchio continente, mancando con sfortunata costanza il bersaglio negli States, “1987” aveva trasformato il vetusto Serpente Bianco in un idolo scintillante, adatto a conquistare la MTV generation. Ma i fans della vecchia guardia, conquistati dal blues primigenio al calor bianco degli esordi, avevano iniziato a storcere il naso già dalla svolta cromata accennata nel 1984 con “Slide It In”, perfezionata con il pluripremiato "1987." L'epilogo arriva con la pubblicazione di “Slip Of The Tongue”, opera di un gruppo ormai trasformatosi in una all star band al servizio del bizzoso David Coverdale, il quale recluta in formazione il 'guitar hero' Steve Vai (allievo del Maestro Frank Zappa), scelto evidentemente solo per il “nome” (peraltro ben pagato visto che – pare – per album e tour il buon Steve incassò la non indifferente cifra di un milione di dollari! ndA). Spesso considerato come il peggior lavoro degli Whitesnake, “Slip Of The Tongue” è un disco riuscito solo a metà, che affianca brani eccellenti ad altri dallo spessore qualitativo pressochè nullo. L'iniziale title track parte alla grande, grazie ad un epicissimo intro di tastiere, ma precipita subito nel baratro, a causa delle parti vocali strillate da un Coverdale oramai lontanissimo dal blues sensuale dei “brucianti” esordi in salsa porpora (leggasi Deep Purple). Si salvano soltanto le pregevoli ed intricate trame chitarristiche, interpretate da Steve Vai in preda al sacro furore. “Cheap An' Nasty” è un modesto brano rock and roll, che non solleva granchè le sorti del lavoro, mentre il remake di “Fool For Your Loving” (in origine su “Ready And Willing” del 1980) rappresenta il pomo della discordia, dividendo nettamente le opinioni dei vecchi fans da quelle dei neofiti. Il brano di per sè non è neanche male, ma soffre il confronto con la versione originale e neanche le acrobazie di Vai riescono ad annullare il persistente amaro in bocca. “Now You're Gone” pare costruita appositamente per ripetere l'exploit che aveva catapultato "1987" alla conquista delle classifiche americane, risultando una sorta di “Here I Go Again” ricoperta di lustrini. “Kittens Got Claws” ha tutti i pregi e difetti già riscontrati nella title track: grandi partiture chitarristiche svilite da vocalizzi fastidiosi come una zanzara insolente in una calda notte estiva. “Wings Of The Storm” risolleva le sorti di questo mezzo disastro, coronata da un pathos eroico e mozzafiato, sublimato da un solo di Steve Vai, che si candida ad essere uno dei pinnacoli della sua carriera. Se “Now You're Gone” fa le veci di “Here I Go Again”, “The Deeper The Love” è una scialba e mal riuscita imitazione di “Is This love”. L'episodio è costruito a tavolino per conquistare e soddisfare le esigenze delle radio FM americane, ma in questa occasione le emozioni latitano, sostituite da un irritante e mellifluo flavour pop dal sapore di plastica. Il groove della 'zeppeliniana' “Judgement Day” è una delle rare gemme dell'album, nonché uno dei migliori brani della carriera della band, grazie al suo incedere maestoso e roboanteo. Purtroppo lo stesso non si può dire di “Slow Poke Music”, brano per il quale la definizione di “inascoltabile” rende solo in parte l'idea che vogliamo descrivere. Consigliamo di premere senza indugi il tasto FWD sul vostro stereo e di passare alla conclusiva “Sailing Ships”, vero apice del disco, spesso definita (non a sproposito) la “Stairway To Heaven” degli Whitesnake. Il brano viene introdotto da delicati arpeggi di chitarra che esplodono e progrediscono in un finale da brividi, esaltato da un lavoro alle sei corde da antologia e puntellato da una magistrale interpretazione di Coverdale. Pur piazzandosi bene nelle classifiche, "Slip Of The Tongue" pone il sigillo alla seconda parte della carriera della band angloamericana, riesumata nel XXI secolo da un David Coverdale ormai esclusivamente interessato alla celebrazione del proprio ego.
Tracklist:
Slip Of The Tongue
Cheap An' Nasty
Fool For Your Loving
Now You're Gone
Kittens Got Claws
Wings Of The Storm
The Deeper The Love
Judgment Day
Slow Poke Music
Sailing Ships