mercoledì 31 luglio 2013

AVANTI UN ALTRO, PARTE I

1973: i rapporti, da sempre tesissimi, tra Gillan e Blackmore raggiungono il punto del non ritorno durante l'incisione del controverso "Who Do We Think We Are", album che prelude allo scioglimento della celebre Mark II. Il cantante se ne va sbattendo la porta giurando (ma si rimangerà la parola, come ben sappiamo) che mai più avrà a che fare col bizzoso ed egocentrico chitarrista. Blackmore coglie l'occasione per liberarsi anche del bassista Roger Glover, rimpiazzato dal giovane Glenn Hughes. Ma cosa fare con il posto lasciato vacante da Gillan? Scartata l'idea di affidare le vocals allo stesso Hughes, si decide di puntare su qualcuno che possa incarnare appieno l'immagine del "frontman". Il prescelto per tale compito è lo sconosciuto David Coverdale (all'epoca commesso in un negozio di abbigliamento), classe 1951, che si ritrova improvvisamente catapultato nella "Band del momento".  La mossa è rischiosa, eppure questa nuova incarnazione dei Purple, nota come Mark III, supera ogni più rosea aspettativa. "Burn" pubblicato nel 1974 è un disco che non ha nulla da invidiare a lavori classici come "In Rock" e "Machine Head": il riff spettacolare della title track, il sofferente incedere blues di "Mistreated", le armonie vocali di "Might Just Take Your Life" ed il funk di "Sail Away" sono solo alcune delle perle di un album epocale che conquista subito le classifiche, ottenendo peraltro anche notevoli consensi dalla critica. Delude in parte le aspettative il successivo  "Stormbringer", ellepì decisamente più soft, smaccatamente orientato prevalentemente sulla black music tanto amata da Hughes. Tale svolta indurrà Blackmore a mollare il colpo, il quale da lì a poco cementerà una partnership vincente con Ronnie James Dio nei meravigliosi Rainbow. Con Tommy Bolin alla chitarra, il profondo porpora pubblicherà "Come Taste The Band", un lavoro non particolarmente apprezzato dallo zoccolo duro dei fans (vuoi per l'assenza delle scale neoclassiche del 'Man In Black', vuoi per le torride sonorità funk distanti anni luce dall'hard rock tradizionale) prima di prendersi una pausa che terminerà solo nell'84 con il ritorno della formazione Gillan/Blackmore/Glover/Lord/Paice. Ciononostante, per quanto di breve durata, l'impatto dato da Coverdale al gruppo è tutto tranne che trascurabile e, se non altro, sarà utile al cantante per capire quale strada intraprendere nell'immediato futuro: fuoriuscito dalle ceneri "porpora" un "serpente bianco" è pronto ad entrare nella storia del rock...

4 commenti:

  1. Ottimo post! Io ho sempre preferito la versione Mark II, ma Burn è, indubbiamente, un buon disco e Coverdale un grande cantante.
    Love Hunter dei Whitesnake ha trovato fissa dimora nel mio stereo da tanti anni...

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  2. Grazie mille! Credo che la grandezza di un gruppo emerga quando si mette in gioco su fronti (sonorità) differenti. Amo praticamente tutto le incarnazioni dei Purple (anche l'odiatissimo Slaves And Master con Joe Lynn Turner, si!). Lo stesso discorso dicasi per i Whitesnake, ma qui la mia lancetta pende a favore dell'immenso 1987... un prodotto studiato a tavolino d'accordo, ma che sound... che produzione!

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  3. Io sono affezionato a Love Hunter (in quel periodo avevo pochi dischi e li ho consumati a forza di ascoltarli). Comunque riascolterò 1987: non lo conosco bene.
    Grazie per il consiglio.

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  4. non conoscevo esattamente questa storia!

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